Page 29 - Le Forze Armate e la nazione italiana (1861-1914) - Atti 24-25 settembre 2002
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ESERCITI  RISORGIMENTALI  E  VOLONTARI  GARlllAL[)INI  VERSO  L'ESERCITO  NAZIONALE   13

              La polemica di  Fambri  muove da un  piano di totale incompatibilità rispetto
         alle  motivazioni  ideali,  politiche,  sociali  ed  economiche  che  sono  alla  base  del
         fenomeno,  perché si  rifiutano proprio le  motivazioni che spingono un volontario
          ad indossare una divisa.
              Il  soldato  viene  considerato in  quanto  passivo  esecutore di  ordini  che  non
          deve  capire.  Il  volontario,  al  contrario, è  soldato «per  amore» e  questo  ne  fa  un
          elemento  inaffidabile  perché  «in  generale  si  chiamano  volontari  perché  fanno
          quello che vogliono loro» (5).
              La critica più importante nasce  poi dalla considerazione che i corpi volontari
          sono  formazioni  politiche  e  svolgono  quindi  anche  un  ruolo  politico  accanto  a
          quello militare.
              Nel  1848  le  formazioni  volontarie cominciarono a  costituirsi  nella  seconda
          metà di marzo, quando il  processo rivoluzionario era già avviato.  Ci fu  una gran-
          de dispersione di  forze  dovuta allo spontaneismo delle iniziative. In tutta Italia si
          costituirono qualcosa come 237 corpi volontari, privi di  qualunque tipo di  coor-
          dinamento. Si  sommavano all'esercito stanziale, ai  risel'visti, alle guardie naziona-
          li,  ai  cittadini  chiamati  alla  leva  in  massa.  Questo enorme numero di  uomini  in
          armi non conseguì vittorie,  se  non  parziali e  di  breve  momento, perché privo di
          un indirizzo univoco e di un comando accentrato.
              È ben  nota  anche  l'ostilità  manifestata  dalle  gerarchie  piemontesi  nei  con-
          fronti  di  Garibaldi  che  aveva  messo  le  sue  capacità  militari  a  disposizione  di
          Carlo  Alberto,  ricevendone  un  comprensibile  rifiuto.  Si  pensi  quali  sentimenti
          potesse nutrire  il  re  di  Sardegna  per  quel  suddito  che  aveva  subito - tanti  anni
          prima - una condanna per motivi politici.
              Come ricorda Piero Del Negro, «i corpi franchi e i soldati di leva (i  "provincia-
          li") divennero i capri espiatori delle sconfitte patite nel biennio rivoluzionario» (6).
              L'assoluta necessità di  evitare in futuro l'anarchia del  '48 divenne, negli anni
          seguenti,  un  leitmotiv  che  ritroviamo  costantemente  presente  negli  scritti  e  nei
          discorsi sia dei liberai-moderati sia dei democratici.
              Il  ruolo  politico del volontarismo fu  particolarmente evidente nella  prepa-
          razione  alla  seconda guerra  d'indipendenza,  ed  è  su  questi  aspetti  che  intendo
          soffermarmi.



              (5)  Pau lo  Fambri, Volontari e regolari,  in  "Nuova Antologia",  val.  VII  (1868), fase.  I,
          gennaio,  parte  prima,  p.  50-87;  fase.  II,  febbraio  parte seconda,  p.  308-338, voI.  VIII,  fase.
          V,  maggio,  parte terza,  p.  109-154.  Corretto e ampliato, il  lavoro  uscì  in  volume  a  Firenze
          nel  1870 (p.  12).
              (6)  Piero Del  Negro, Guerra  partigiana e guerra  di popolo nel Risorgimento, in  Memorie
          storiche militari 1981, Roma,1982, p. 72.
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