Page 32 - Le Forze Armate e la nazione italiana (1861-1914) - Atti 24-25 settembre 2002
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           allora  largamente  in  uso.  Lombardi  e  veneti  che  abitavano  province  fittamente
           popolate,  si  sentirono  penalizzati  anche  dalla  ripartizione  delle  reclute,  in  pro-
           porzione alla densità della popolazione delle singole regioni (12).
               In  Lombardia cominciarono a circolare voci  insistenti di  convocazione anti-
           cipata delle classi  di  leva creando una eccitazione generale i cui sbocchi preoccu-
           pavano Cavour che appariva invece interessato a sfruttarla ai fini  dell'indispensa-
           bile casus belli.
               È forse  possibile  fare  risalire  a  questo  momento  la  prima idea  di  provocare
           un afflusso di coscritti in Piemonte per motivi  più politici che militari.
               Facendo  sapere  che  i  giovani  lombardi  renitenti  alla  leva  sarebbero  stati
           bene  accolti  a  Torino,  Cavour  pensava  di  poter  raccogliere  un  5 -600  persone,
           sufficienti  a  fare  irri tare  l'Austria  che  ne  avrebbe  richiesta  l'estradizione  che,
           rifiutata, avrebbe potuto provocare l'auspicata rottura (13).
               Il  ministro  sardo  prevedeva  l'arrivo  dei  renitenti  ad  aprile (14)  e  la  rottura
           delle relazioni diplomatiche a maggio 1859.

               Vienna  decise  però  di  ritardare  l'attuazione  della  riforma  mentre,  contem-
           poraneamente,  si  scopriva  che  il  contingente  richiesto  alle  due  province  italiane
           era inferiore al  previsto.
               Questo  non  bastò  a  riportare  la  quiete  nella  gioventù  lombarda  che invece
           si  infiammò  alla  notizia  di  un  incontro  tra  Cavour  e  Garibaldi  finalizzato
           all'organizzazione di  compagnie di bersaglieri sui  ruoli della guardia nazionale.
               Dalla  lettura  dei  documenti  appare  chiaro  che,  fino  a  gennaio  1859,  gli
           accenni  e  i  riferimenti  ai  volontari  riguardano  i  sudditi  sardi  e  le  reclute  e  i
           disertori degli Stati  confinanti che, dieci anni prima, avevano già votato la  fusio-
           ne  al  Piemonte.  In  prospettiva  si  pensava  poi  alla  gioventù  delle  province  che
           sarebbero  state  via  via  occupate  dalle  truppe  alleate  nel  corso della  guerra.  Sia
           Cavour  che  La  Farina  erano  convinti  che  l'esercito  piemontese  si  sarebbe  tra-
           sformato in  esercito  italiano  con  l'apporto dei  militari  degli  eserciti  modenese,
           parmense, toscano, lombardo.
               La  questione  di  formazioni  volontarie  rimaneva  vaga,  cosÌ  come  l'impiego
           di  Garibaldi.  Non  li  volevano  né  il  ministro  della  guerra  La  Marmora,  né  l'ex
           rivoluzionario La Farina.
               A giudizio  di  La  Marmora «i  volontari  non  formarono  mai  che  eserciti  poco
           disciplinati e poco nazionali. Quest'ultimo difetto rende soprattutto il  reclutamento



                (Il)  A.  M. Isastia, Il v%l1tariato militare cit., p. 96-99.
                (13)  Si  legga sull'argomento la  lettera di  Cavour a Nigra del  13  dicembre 1858, p.  240.
                (14)  La chiamata alla  leva doveva avvenire a marzo 1859.
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