Page 33 - Le Forze Armate e la nazione italiana (1861-1914) - Atti 24-25 settembre 2002
P. 33

ESERCITI  RISORC;l1vIENTALI  E  VOLONTARI  GAIUIIAI,()INI  VERSO  L'ESERCITO  NAZIONALE   17


         volontario pericoloso dal  punto di  vista  politico». Neanche i volontari americani,
         che  si  erano  battuti  per  l'indipendenza al  comando di  Washington  si  salvano  da
         un giudizio di  condanna. «Erano milizie  nazionali composte di volontari valorosi,
         ma  senza disciplina,  senza  spirito di  corpo,  che  abbandonavano  la  loro  bandiera
         senza scrupolo, precisamente quando erano più utili  [00.1».
              Il  vero  motivo  di  tanta  ostilità da parte del  ministro della guerra  piemonte-
         se, che creerà non pochi problemi a Cavour da una parte, e ai  volontari dall'altra,
         è  chiarito  dalle  parole  che  seguono:  «Colla  coscrizione  è  la  popolazione  rurale
         che contribuisce in  massima  parte  alla  composizione  dell'esercito,  mentre  che  la
         gran  maggioranza  dei  volontari  proviene  dalla  feccia  delle  popolazioni  delle
         grandi città.  I primi sono robusti, rotti alle fatiche ed alle  privazioni, ed i secondi
         portano nell'esercito le abitudini viziose contratte nelle città popolose»(15).
              I volontari  insomma porterebbero la  corruzione nelle  fila  dell'esercito senza
         neanche bilanciare questo danno con la  capacità e l'abnegazione. Se  questo era il
         giudizio del  militare di carriera, non molto più benevolo risultava quello di un ex
         rivoluzionario come La  Farina che, all'inizio di  gennaio, dalle pagine del  "Piccolo
         Corriere",  ribadendo  la  sua  ostilità  alle  formazioni  volontarie  concludeva:  «Noi
         abbiamo bisogno di  disciplina, e di  ferrea  disciplina:  qualunque siasi  l'origine de'
         corpi  armati  che  accorreranno  in difesa  della  patria,  è  quindi  necessità  che tutti
         siano ordinati colle regole della più severa milizia»  (16).
              Le dichiarazioni di La  Farina suscitarono la  reazione di  un altro patriota, esule
         a Parigi, il  generale Girolamo Ulloa che, nei  mesi seguenti, sarebbe stato chiamato a
         comandare  prima  i  Cacciatori  degli  Appennini,  poi  i volontari  toscani.  Questi,  in
         una lettera a Pallavicino, affermava la necessità dei volontari contro le tesi  riduttive
         del  segretario della  Società  nazionale.  Ci  sembra interessante leggere  la  parte della
         lettera che confuta gli attacchi e mette invece in luce la  positività del  fenomeno.
              «Sento il  bisogno ed il  dovere d'intrattenervi su  di  una quistione trattata già
         col  Piccolo Corriere, quella cioè:  'Se i volontari siano, oppur no, utili'.  La  Farina
         l'ha risoluta  in  un  modo assoluto, dicendo che sono utili  per far la  rivoluzione, e
         non  già  per  combattere  la  guerra  della  rivoluzione.  Ciò  torna  lo  stesso  che  dire
         che sono inutili affatto, mentre la rivoluzione è fatta dal  popolo che combatte per
         qualche giorno dietro le  barricate, e non già  dai volontari, i quali non si  possono
         organizzare che quando la  rivoluzione  ha  già  trionfato.  È indubitato che le  trup-
         pe  regolari  sono  di  molto  preferibili  ai  volontari,  e  perciò  sarebbe  oziosa  ogni
         discussione  su  tal  proposito.  Ma  la  quistione  da  risolvere  si  è  questa:  sono  i
         volontari  utili  in  una guerra  nazionale?  In  una guerra  nazionale ogni arma,  ogni
         mezzo è utile. Tutti i cittadini debbono concorrere al  trionfo della lotta, chi colla



              (15)  L., l<eclutamento vohmtario, in "Rivista militare", a.  III  (1858), voI.  IV,  p.  322-324.
              (16)  "Il Piccolo Corriere d'Italia", 3 gennaio  1859.
   28   29   30   31   32   33   34   35   36   37   38