Page 57 - Le Forze Armate e la nazione italiana (1861-1914) - Atti 24-25 settembre 2002
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16  SETTEMBRE  1866
                                PALERMO  IN  RIVOLTA


                                                                   MASSIMO  GANCI




              Evento,  sino a  qualche anno  fa  - per l'esattezza sino al  referendum  istituzio-
         nale  del  1946 - passato  sotto  "assoluto silenzio"  o  interpretato  in  chiave  dispre-
         giativa,  da  un'unica fonte:  le  Relazioni  dei  Prefetti  al  Ministero degli  Interni  che,
         tutte,  concordano  nel  definire  l'evento  come  una  "settimana  di  anarchia".  Essa
         viene definita il  "Sette e mezzo", perché era dmata, appunto, sette giorni e mezzo.
              Evento che gli  storici, sia  di  tendenza conservatrice che democratica,  hanno
         valutato in  senso negativo quale  frutto  "di  l11ene  borboniche e  clericali", respon-
         sabili  dello  scatena mento  della  "plebe  anarchica"e  della  utilizzazione  di  essa
         come "fattore antiunitario" e  di  ritorno al  passato. Il  tutto sostenuto dall'afflusso
         a Palermo delle cosiddette "squadre" contadine avide di saccheggio.
              Per  domare questa ribellione, alla quale non furono estranee le  masse popolari
         cittadine,  fu  necessario  impiegare  un  intero  Corpo d'armata e  l'intera flotta  costi-
         tuita,  da  qualche  anno,  dall'assorbimento  da  parte  del  Regno  di  Sardegna  delle
         unità dell'ex Regno delle  Due Sicilie.
              Va  tenuta in considerazione - sia  pure in chiave opposta - la fascia  borghese
         del  "ceto intellettuale  e  delle  professioni"  che  auspicava  l'avvento  di  uno "Stato
         accentratore", sul  modello I iberale e liberi sta.
              I sostenitori di  questo allineamento  furono sia  il  ceto aristocratico che quello
         alto borghese:  dal  principe di Salina al  pame11u  "don" Calogero Sedara. A comple-
         tare  questo  quadro  persisteva  ancora,  fortissimo,  il  ceto  clericale  che  proponeva
         un'autonomia moderata.  Di  qui  l'allineamento di  tutti  i ceti conservatori che con-
         dizionava  anche gli  intellettuali  progressisti:  da  Colajanni,  a Pantano, a  Riggio  ed
         altri ancora.
              Si  era giunti,  in  tal  modo, alla  seconda crisi  dello Stato accentratore,  prece-
         duta,  l1e11862,  da  quella  cii  Aspromonte.  Secondo  Tom<lsi  di  Lampedusa,  il
         colonnello  Pallavicino  si  era  "condotto  bene"  ad  Aspromonte  con  la  difesa  del
         "compromesso" del  Sessanta:  fedeltà al  "I1U ovo Stato", mantenimento dell' aristo-
         crazia terriera alleata con la  "nuova" borghesia imprenditoriale.
              Cito  dalla  mia  introduzione  all'edizione  numerata  del  romanzo  Il  Gat-
         topardo,  Milano,  Feltrinelli,  1970,  curata  eia  Gioacchino  Lanza  Tomasi  e  dal-
          l'alitare di  qlleste  note.
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