Page 59 - Le Forze Armate e la nazione italiana (1861-1914) - Atti 24-25 settembre 2002
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             Nella  versione  filmica  del  Gattopardo  c'è  una opportuna variante:  alla  fine
         del  ballo  in  casa Ponteleone,  mentre il  principe si  genuflette dinanzi al  sacerdote
         che porta il  viatico ad  un moribondo, si  sente una scarica  di  fucilate.  Allusione  a
         ciò che era nell'aria? AI  "sette e mezzo"?
             Un  uomo  politico  inglese,  l'O'  Clery,  deputato  conservatore  ai  Comuni,
         autore  del  saggio,  Come  fu  fatta  l'Italia  (1856-1870),  rimanda  ad  un  reportage
         della  rivolta  del  settembre  1866 da  un  inviato inglese  della "Quarterly Review",
         "scritta da un testimonio oculare che non aveva simpatia per gli insorti".
             Ne riporto solo un brano:
             "Quella di  settembre  non aveva  forse  né  colore  repubblicano,  né  reaziona-
         rio.  Aveva  semplicemente  preso  la  forma  repubblicana  perché  i  repubblicani
         erano in  maggioranza.  Fu  essa la  naturale conseguenza del  malgoverno, delle tra-
         dite promesse, delle esorbitanti imposizioni, della cattiva amministrazione e della
         distruzione  di  istituti  di  pratico  valore  pel  popolo.  Essa  rivelò  al  tempo  stesso
         l'interna anarchia delle province italiane e la  debolezza del governo centrale".
             Seguirono  dal  1866  ad  oggi  altre  ricostruzioni  dell'evento,  quali  quella  di
         De  Luca Aprile, che  dedicò  al  "Sette e  mezzo"  una  silloge di  articoli  sul  "Gior-
         nale di Sicilia" dci  luglio, agosto, settembre c novembre  1910, in  chiave liberale,
         quasi al  limite delle posizioni repubblicane, seguita da quella di Andrea Maurici,
         nel  1916.  Più  vicine  ai  nostri  tempi,  quella  di  Francesco  Brancato,  Origini  e
         carattere  della  rivolta  palermitana  del  1866,  in  "Archivio  Storico  Siciliano",
         Palermo,  1953; scritta in  epoca in  cui  cominciava a sentirsi l'influsso di Antonio
         Gramsci, attenuato, poi, dallo stesso Brancato, nel saggio su  La Sicilia nel primo
         ventennio  dell'unificazione,  Bologna,  1956;  nonché  quella  di  Salvatore  France-
         sco  Romano,  Momenti  del  Risorgimento  in  Sicilia,  Messina-Firenze,  1952 che,
         allora da gramsciano convinto, considerò tale rivolta  "una esplosione dci  poten-
         ziale  rivoluzionario  contadino",  collegandola  con  i  Fasci  siciliani  dei  lavoratori
         esplosi nel  1892-1894.
              Per una visione  più ampia rimando a Massimo Ganci, "La rivolta palermita-
         na del settembre 1866" in  I:Italia antimoderata,  II  Ed.  Lombardi Editore, Siracu-
         sa, 1996; la  I Ed. è del  1968, Guanda, Parma.
             Studi  precedenti  di  storici  inglesi  quali  il  Bolton  King  e,  successivamente,
         Denis  Mac  Smith  e  di  studiosi  italiani  quali  Gaetano  Salvemini,  Guido  Dorso,
         Piero Gobetti, insieme con Romualdo Giuffrida, Aspetti e problemi della  rivolta
         palermitana  del settembre  '66,  in  "Archivio  Storico Siciliano",  Palermo,  1955  e
         Paolo  Alatri,  Lotte  politiche  in  Sicilia  sotto  il  governo  della  Destra,  Einaudi,
         Torino,  1954; nonché Renzo Del  Carria, Proletari senza rivoluzione.  Storia delle
         classi  subalterne  italiane  dal  1860  al  1950,  Milano,  1966,  si  sono  occupati
         dello stesso tema.
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