Page 58 - Le Forze Armate e la nazione italiana (1861-1914) - Atti 24-25 settembre 2002
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               "Ecco perché Pallavicino si era "condotto bene". Aveva saputo stroncare alla
           base  il  conato sovversivo senza deturpare il  mito garibaldino;  aveva  saputo  dare
           all'Eroe  l'aureola  del  martirio.  Pittoricamente  perfetta la  composizione  di  Gari-
           baldi ferito e del colonnello che, dopo averlo preso a fucilate, si scopre reverente.
           Era  il  cliché  che  sarebbe  stato  riprodotto  dai  manuali  scolastici  "ufficiali"  della
           fine  dell'Ottocento e  del  primo quarantennio  del  Novecento,  il  cliché  dell'Eroe
           buono e generoso,  spinto ad un'impresa sbagliata da alcune  "centinaia di  scami-
           ciati, con  facce  di  fanatici  incurabili alcuni,  ed  altri  con la grinta dei  rivolto si  di
           mestiere"  e  salvato,  in  tempo,  dai  prodi  bersaglieri  d'Italia.  Con questo cliché  i
           Gattopardi avrebbero  messo a  posto la  propria coscienza e avrebbero governato
           per cento anni l'Italia.

               Quanto a Garibaldi, egli avrebbe lasciato ad Aspromonte il  ruolo di  Rinaldo,
           impersonato  nel  Sessanta,  ed  avrebbe  assunto  quello  di  Carlo  Magno  che,
           nell'epopea dei "Pupi" siciliani, è rappresentato come un re valoroso sì, ma piut-
           tosto "sempliciotto".
               E non bisogna ignorare il  brano successivo del Gattopardo, partendo sempre
           dal presupposto che il  romanzo di Tomasi non vuole essere un "romanzo storico",
           ma costituisce certo una acuta "fonte storica".
               Il  brano sul  concetto della "sicilianità";  "Il Tomasi"  - è  il  commento - "dà
           ad  essa  un  particolare  contenuto  che  non  troviamo  in  altri  autori  siciliani,  ad
           eccezione di  Pirandello.  Egli  non ha  fatto della Sicilia l'oggetto della sua creazio-
           ne artistica per rilevarne l'essenza, ma per elevarla a simbolo. I.:aridità pietrificata
           della Sicilia interna, 'concepita in un momento delirante della creazione', rispec-
           chia per il  principe il  senso intimo della vita umana. I.:irredimibilità del paesaggio
           assume un preciso significato esistenziale, sottratto ad ogni tentativo di storicizza-
           zione. Non si  tratta, quindi, di un motivo storico e tanto meno politico, ma di  un
           motivo  poetico.  La  Sicilia  'irredimibile'  esprime,  con  evidenza  plastica,  l'aridità
           dell'uomo moderno; dell'uomo sospeso nel vuoto, tra un passato definitivamente
           morto, anche se evocato in chiave di nostalgia, e un futuro sempre più gl'avido di
           alienazione.  In  questo  vuoto,  il  dolore  del  Tomasi  (la  bomba  fabbricata  a  Pitt-
           sburg che, nel 1943, aveva distrutto la sua casa e il  suo mondo) si  universalizza in
           uno scetticismo globale attraverso il quale si  fa  strada la constatazione della deca-
           denza  dell'ideale,  reazionario  o  progressivo  che  sia,  e  la  paura  del  trionfo  del
           fanatismo irrazionale sull 'umorismo tollerante".
                Il  senso della  morte - scrive ancora il  Tomasi - proprio di  tutte le  manife-
           stazioni siciliane, dal  "sorbetto di  scorsonera o di cannella" al  senso della morte
           che promana dalle porte dei tuguri di Oonnafugata "intravisti nel chiarore livido
           delle  cinque e  mezza  del  mattino",  si  universalizza  ad  intima  essenza  della  vita
           quotidiana.
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