Page 52 - Le Forze Armate e la nazione italiana (1861-1914) - Atti 24-25 settembre 2002
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                In  Italia  l'assillante  problema  della  difesa  costiera  si  potrebbe  risolvere,
           secondo gli  entusiasti  delle  torpediniere,  affidandola  ad  un  gran  numero di  silu-
           ranti  dislocate  in  molti  punti  del  litorale,  ma  si  tratta  di  una  posizione  di  mino-
           ranza.  I più propendono per una Marina dell'acqua blu, costituita essenzialmente
           da naviglio d'alto mare;  però gli  anni passano e si  è  visto solo qualche esemplare
           di  supernave,  per  di  più  costato  assai  caro  ad  un  Paese  povero.  Sorgono  dubbi
           sull'opportunità  di  continuare  una  simile  politica  navale,  e  i  dubbi  aumentano
           quando  gli  ispettori  del  Genio  navale  Mattei  e  Brin,  di  ritorno  da  una  missione
           all'estero,  riferiscono  che  per  le  unità  di  linea,  sia  in  Inghilterra,  Sia  in  Francia,
           l'opinione prevalente vuole "tornare a  navi  più moderate".
                Nel  1879  Domenico  Bonamico,  sulla  "Rivista  Marittima",  espone  il  suo
           pensiero:  la  flotta  dovrà disporre di tre tipi  di  unità, navi da battaglia, incrociato-
           ri  e  "corsieri".  La squadra da  battaglia  resterà  concentrata,  obbligando il  nemico
           ad  un blocco difficile e  dispendioso.  Gli  incrociatori, velocissimi e ad ampio  rag-
           gio  d'azione,  attaccheranno  le  comunicazioni  del  nemico  ed  eventuali  convogli
           da sbarco.  I "corsieri", incrociatori più  piccoli  e  meno costosi, condurranno azio-
           ni diversive,  mirando "ai 300 vapori della  Francia, buona parte dei  quali corrono
           il  Mediterraneo, od ai  3.000 vapori dell'Inghilterra, per più  di un terzo adoperati
           nei  nostri mari". Tutto il  discorso si  basa  sull'assioma della superiore velocità  del
           naviglio  italiano - in  realtà,  più  una  sfida  che  una  certezza - assunto  come  ele-
           mento  peculiare  della  strategia  marittima  nazionale.  È una  filosofia  opposta  a
           quella di Saint Bon, che assegna tutti i compiti ad un  unico tipo di nave.  Bonami-
           co  invece  li  distribuisce  tra diverse categorie di  bastimenti,  sposando  il  principio
           della  divisione  dei  compiti  che  viene  dalla  Francia.  Le  sue  idee  riconoscono  un
           ruolo  bilanciato alla  squadra  da  battaglia  ed  agli  incrociatori  e  riscuotono  molti
           consensi:  la  "Rivista  Marittima",  che  rappresenta  la  cultura  della  Marina,  le
           sostiene con convinzione;  in  Parlamento e nella stampa si  diffonde  un movimen-
           to di  opposizione alla costruzione di  un terzo colosso del tipo Italia.
                Quando a  novembre Ferdinando Acton, esponente di  questo dissenso e  con-
           vinto estimatore del  Bonamico, è nominato ministro, vi è entusiamo nella Marina,
           specie  nei  giovani.  Ma  il  problema  più  spinoso  riguarderà  la  scelta  delle  nuove
           unità da battaglia. Acquisiti  i quattro colossi voluti  dai  suoi  predecessori, Acton li
           considera  "perni  intorno  a  cui  raggruppare  strategicamente  tutto  il  rimanente
           delle  forze",  anzitutto  unità  di  linea corazzate,  ma  più  piccole e  meno costose;  in
           tal  modo le  risorse finanziarie  permetteranno di costruire un numero maggiore di
           navi  e  ciò  sarà  positivo  poiché  anche  il  numero  è  fattore  di  potenza  marittima.
           Una polemica violenta ed acrimoniosa esplode immediatamente nel  Parlamento e
           sulla stampa, mentre il  Consiglio Superiore di Marina e un referendum tra gli  uffi-
           ciali di  grado elevato danno ragione al  ministro, il  quale,  nel  sostenere la riduzio-
           ne del tonnellaggio unitario, ha tenuto d'occhio anche l'eventualità d'impiegare le
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