Page 51 - Le Forze Armate e la nazione italiana (1861-1914) - Atti 24-25 settembre 2002
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LA  NASCITA  DELLA  REGIA  MARINA                                      35


             Nella  politica estera  italiana esistono,  fin  dai  tempi  dell'unificazione,  due
         filoni di matrice marittima:  l'aspirazione al  controllo del canale d'Otranto e del
         canale  di  Sicilia.  Nel  1875  il  capitano  di  vascello  Vittorio Arminjon  e  il  mag-
         giore  Egidio  Osio  sono  inviati  in  ricognizione  lungo  la  sponda  orientale
         dell'imboccatura  adriatica,  col  mandato  di  individuare  i  punti  più  adatti  "alle
         esigenze della politica italiana ed a quelle della nostra futura grandezza militare
         e commerciale". Esclusa ogni avventura all'interno, i due sostengono l'utilità di
         acq uisire  sulla  costa  orientale,  basi  da  integrare  con  Brindisi  e  Taranto.  Ma
         Vienna  non consentirà  mentre  l'altro  obiettivo  a  sud  ovest,  la  Tunisia,  slitterà
         sem pre più nell' orbi ta della Francia.
             I ministri  della Marina non sono responsabili  di  questi fallimenti:  l'inconci-
         liabilità tra le pretese e le possibilità di Roma andrebbero compensate da amicizie
         di  ferro.  Quando  invece  le  grandi  potenze  interessate  - l'Austria  per  i  Balcani
         (1878-1879),  la  Francia  per  Tunisi  (1881)  - concreteranno  le  loro  ambizioni,
         l'Italia sarà isolata nella propria debolezza.
             La  prospettiva di  una guerra con la  Francia  preoccupa molto.  Gli  svantaggi
         naturali della frontiera alpina accentuano  l'inferiorità terrestre, mentre in campo
         marittimo l'estensione del  litorale rende ben difficile  contrastare la  devastazione
         dei  centri  costieri  ad  opera  della  più  potente  flotta  francese.  Questa  dispone,
         inoltre,  dei  mezzi  necessari  per  uno  sbarco  in  forze,  eventualità  che  provoca
         molto allarme:  se  attuato in  Liguria,  esso può aprire un  nuovo fronte  sul  fianco
         dell'Esercito che difende  il  Piemonte;  e l'azione anfibia può avere  obiettivi mag-
         giori,  puntare  alla  costa  toscana,  a  Roma,  a  Napoli,  con  conseguenze  gravi:  ne
         può venire non solo una sconfitta militare, ma la  dissoluzione dello Stato.
             Intanto la  comparsa di  nuove armi,  in  particolare la  torpedine, ha rinfoco-
         lato in Francia  il  dibattito sulla  dottrina marittima,  alla  cui  base  torna sempre il
         problema  di  come affrontare  l'Inghilterra.  Alla  fine  Parigi  opta  per il  ruolo del
         "brillante  secondo",  che  le  consente  di  adottare  quella  duplice  strategia  di  cui
         nel  1869  ha  scritto  Richild  Grivel:  "Si  tratta  di  lottare  contro  potenze  che
         intrattengono commerci  sparsi  su  tutti  i mari  e una  marina militare superiore e
         preponderante?  È allora  facile  accorgersi  che  la  guerra  di  crociera ... è  la  più
         adatta ... poiché  essa  colpisce  direttamente  il  commercio  e  l'industria,  cioè  le
         fonti  stesse  della  prosperità  del  nemico.  Si  tratta  invece  di  lottare  contro  una
         potenza continentale in  possesso di  una  marina inferiore?  In  tal  caso la certezza
         di  avere  più  spesso  il  dominio  del  mare  permette  cii  mettere  in  atto  la  grancle
         guerra,  cioè  le  operazioni  combinate  cii  terra  e  cii  mare,  il  blocco,  l'attacco clei
         porti nemici,  lo  sbarco  sul  suo  litorale".  Dieci  anni clopo,  Domenico Bonamico
         interpreta queste parole nel senso che la Francia è in graclo cii  condurre due stra-
         tegie distinte, "la grande guerra o la  guerra di  crociera", la  prima contro l'Italia,
         la seconda contro l'Inghilterra.
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