Page 222 - Le Forze Armate e la nazione italiana (1944-1989) - Atti 27-28 ottobre 2004
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-                                                              GREGORY  ALEGI





             di sostenere gli oneri scaturenti dalla difesa degli interessi globali connessi al ruo-
             lo di  potenza imperiale.  In altre parole, le perplessità circa l'opportunità di riar-
             mare  l'Italia furono  superate solo con la guerra fredda,  la Nato ed il  prevalere
             della potenza americana.
                 La  ricostruzione  del  rapporto  tra la  forza  armata e la  Nazione rappresentò
             una sfida più complessa e sfaccettata, affrontata con le risorse materiali, umane e
             culturali  disponibili  al  momento.  Sotto  questo  profilo,  l'azione  promossa  dal-
             l'ACA pur nelle  difficoltà materiali  e spirituali  del  momento è molto indicativa
             dell'interesse consapevole dell' Aeronautica verso la propria storia e della disponi-
             bilità di tentare nuove strade per uscire dagli strettissimi vincoli imposti dalle con-
             tingenze politiche ed economiche. Di  fatto,  la sua azione fu  più limitata dei pro-
             grammi  iniziali.  La  stessa  idea  del  museo,  raccolta  nel  1959  dali' AAA,  sarebbe
             giunta a fruizione  oltre trent'anni dopo la fine  della guerra e con finalità ridotte
             alla pur meritoria esposizione di  velivoli storici. Nel frattempo erano andati per-
             duti apparecchi di  grande significato quali  Siai S.79, Macchi C.202, Fiat G.55  e
             Fiat CR.42, che solo lunghi sforzi avrebbero permesso di  mettere in esposizione
             nei  decenni  successivi;  per  altri,  intimamente connessi  all'identità storica  ed al-
             l'immaginario collettivo del volo in Italia, primi tra tutti il  Siai S.55  delle crocie-
             re atlantiche ed il  Romeo Ro.1  di  Luciano Serra  pilota e delle guerre coloniali, il
             vuoto attende ancor oggi di  essere colmato.
                 Per gli  aero club, il  venir meno degli allievi ministeriali non arrestò subito
             la graduale crescita del numero di  quelli civili, che nel  1959 toccarono il picco
             di  719  brevetti  di  10  grado,  peraltro  destinato  a  rimanere  insuperato  sino  al
             1968  (726 brevetti).  In  compenso, le  scuole di  volo si  svuotarono, soprattutto
             di  giovani, restituendo il  volo alla sua caratteristica di svago per i soli abbienti
             ed innalzando l'età media dei brevettati. La crescita del volo privato, indubbia-
             mente legato alla positiva fase dell'economia italiana, si  tradusse anche nell'au-
             mento  della  flotta  aerosportiva,  che  nel  1968  giunse  a  contare  808  velivoli  a
             motore.  A questo contribuiva ancora un'aliquota di  macchine  concesse  in  uso
             dall'Aeronautica  Militare  (289  aerei),  la  cui  incidenza  era  però  ridotta  al
             35,8%. Si trattava inoltre di macchine mediamente obsolete come concezione o
             costruzione, il cui uso si sarebbe andato gradualment,e esaurendo con il raggi un-
             gimento degli  intervalli manutentivi più onerosi. A quella data, la  possibilità di
             utilizzare l'aviazione generale quale  ponte verso la società civile e come serba-
             toio di  risorse professionali era già tramontata da diversi anni:  da quando cioè
             nel  1963  la  Direzione  Generale  dell'Aviazione  Civile  era  uscita  dal Ministero
             della Difesa per approdare a quello dei Trasporti, come da tempo avveniva nella
             maggioranza dei paesi occidentali.
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