Page 228 - Le Forze Armate e la nazione italiana (1944-1989) - Atti 27-28 ottobre 2004
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            fece  pervenire al  tenente Avezzano Comes l'ordine di  trovarsi al  forte S.  Martino
            per "un urgente servizio di  ordine pubblico".  Invece,  appena giunto sul  posto, gli
            venne ingiunto di  procedere, con i suoi carabinieri, alla fucilazione  degli otto pa-
            trioti. Senza esitazione, l'ufficiale oppose un netto rifiuto e fu  immediatamente ar-
            restato.  I suoi carabinieri, nel contempo, alzarono le canne dei fucili  al  cielo rifiu-
            tandosi di commettere un tale crimine; l'esecuzione ebbe comunque luogo, ma ad
            opera di elementi del  regime.

                Esemplare la  deportazione in  Germania  di  tutti  i 3.000 carabinieri in  servi-
            zio  nella capitale, nella notte tra il  6 ed il  7 ottobre  1943, per ordine di  Grazia-
            ni  e,  successivamente,  di  altre migliaia di  militari  rimasti  al  loro posto nel  nord
            del  Paese,  quando gli  stessi  si  appalesarono inaffidabili  per  nazisti  e  fascisti.  Vo-
            lutamente si  tralascia di considerare la tragedia che vissero i carabinieri colti dal-
            l'armistizio nella penisola balcanica che, unitamente ai  colleghi delle altre  armi,
            subirono eccidi, violenze, rappresaglie sia  da  parte dei tedeschi, sia  da parte del-
            le  organizzazioni  partigiane locali,  e  solo tanti  eroismi  individuali  illuminarono
            giornate così  drammatiche.
                L'aprile 1945, giunto dopo tanti episodi gloriosi e sangue versato per caccia-
            re l'invasore nazifascista e legittimare con la resistenza e la  guerra di  liberazione
            il  rifiuto della stragrande maggioranza degli italiani per il  regime sostenuto dalla
            potenza tedesca, trovò una situazione particolarmente drammatica e confusa an-
            che nell'Arma. Soprattutto al  Nord si  viveva una situazione ambigua, nella quale
            convivevano persone  più  o  meno compromesse col  passato regime con  la  mag-
            gioranza che ne restò estranea, con assoluto danno per l'efficienza dei reparti; le
            caserme erano in  gran  parte distrutte così  come  inadeguato ed insufficiente era
            l'armamento e la disponibilità di  mezzi  e materiali.
                I compiti a cui  venne chiamata l'Arma non erano sostanzialmente diversi  da
            quelli che aveva affrontato nel Risorgimento, allorché nuovi Stati erano entrati a
            far  parte del  piccolo  Regno  sardo-piemontese; dovunque  i carabinieri dovevano
            garantire l'osservanza di  nuovi  ordinamenti che andavano a sostituire quelli  pre-
            cedenti, sovente culturalmente opposti. Né erano diversi  da quelli  affrontati  ne-
            gli  ultimi decenni del  XIX secolo per placare una criminalità organizzata in forte
            ascesa,  ovvero diverso dal  ruolo svolto nell'interporsi tra diverse fazioni.  Peculia-
            re era la situazione del  Paese,  che  si  affacciava alla  democrazia, rinascendo dalle
            rovine  della  guerra con un  malessere  sociale  conseguenza  di  formidabili  istanze
            tutte ancora da soddisfare.
                Occorreva in ogni caso andare avanti,  sopravvivere e ricostruire, sia material-
            mente che moralmente.  La situazione di  quegli anni era drammatica per numerosi
            e diversi motivi, che obbligavano ad una veloce ed intelligente rinascita.
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