Page 231 - Le Forze Armate e la nazione italiana (1944-1989) - Atti 27-28 ottobre 2004
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VEVOLUZIONE DELI:ARMA NEI PRIMI DECENNI DELLA REPUBBLICA
circolare la voce secondo la quale, in caso di vittoria della Repubblica, l'Arma sa-
rebbe stata sciolta. I carabinieri reali risposero con un disciplinato e leale compor-
tamento, elogiato dallo stesso ministro dell'Interno, il socialista Romita. Appena
pochi giorni prima del voto giunse ai militari il messaggio del comandante genera-
le Brunetti: "Carabinieri: figli del popolo al servizio del popolo", che chiarì defi-
nitivamente la posizione dell'Arma e il suo assoluto rispetto per la volontà popo-
lare. All'esito della consultazione, anche i reparti dell'Arma adottarono i nuovi ves-
silli e deposero i vecchi.
Tra i primi problemi che si apprestò ad affrontare la Repubblica, ci fu il se-
paratismo siciliano, nella cui attività si inserì la triste vicenda del bandito Giu-
liano: fu infatti il 2 settembre 1943 che il bandito iniziò la sua "avventura" uc-
cidendo un carabiniere per difendere il suo commercio di grano verso il mer-
cato nero. Nell'isola la situazione in quegli anni andava deteriorandosi: i pro-
prietari terrieri conservatori appoggiavano il Movimento per l'Indipendenza
della Sicilia e nello stesso tempo si legavano con i mafiosi, anche per difender-
si dai partiti che sostenevano le rivendicazioni contadine. Ad esasperare le dif-
ficoltà, occorre ricordare di come gli statunitensi erano dovuti ricorrere, attra-
verso i propri agenti segreti, già prima dello sbarco, al contributo della mafia;
quest'ultima, poi, avrebbe chiaramente sfruttato per sé la riconoscenza per i
servigi forniti; sovente gli amministratori locali del tempo provenivano proprio
dalle file dell'onorata società e - ironia della sorte - erano tra i primi interlo-
cutori delle Forze di Polizia. Addirittura nel 1944 il M.I.S. iniziò ad organiz-
zarsi per la lotta armata ed a fine anno fu costituito l'Esercito Volontario per
l'Indipendenza della Sicilia, responsabile, già in quel tempo, di violente mani-
festazioni; Giuliano prestò la sua immagine all'E.V.I.S. e con esso si legò in un
patto che costrinse le forze dell'ordine a lunghi anni di lotte, scanditi dalle ge-
sta criminali del bandito, la strage di Portella della Ginestra (1 maggio 1947),
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l'agguato di Bellolampo (19 maggio 1949) che costò la vita a sette militari, con-
tinui e feroci assalti alle caserme. Tale alleanza, in pratica, autorizzava moral-
mente Giuliano, e gli altri banditi che appoggiavano l'E.V.I.S., a sparare sugli
odiati carabinieri con la patente di "patriota".
La gravità della situazione portò alla costituzione, il 27 agosto 1949, del
Corpo Forze Repressione Banditismo, posto alle dipendenze del colonnello dei
carabinieri Ugo Luca: con la tecnica del fare terra bruciata intorno a Giuliano,
ed anche grazie alle distanze prese nei confronti dello stesso dalla mafia che ora-
mai lo avvertiva come troppo ingombrante, questi rimase isolato, perdendo po-
tere e forza, finendo poi ucciso il 5 luglio 1950 a Castelvetrano, in una maniera
che certo non premiava i formidabili sforzi delle Forze di Polizia.

