Page 24 - Le Forze Armate e la nazione italiana (1944-1989) - Atti 27-28 ottobre 2004
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               Occorre  poi  tener  presente  che  l'Italia,  per lo  meno fino  a  quando  non fosse
            stato stipulato,  firmato  e ratificato  il  trattato  di  pace  con gli  ex  nemici  di  prima
            dell'8  settembre  1943,  rimaneva in  una stranissima  posizione internazionale:  co-
            belligerante,  indubbiamente con  le  potenze  alleate;  ma  nello  stesso  tempo  paese
             per un verso ancora nemico e nemico vinto; e questo veniva fatto sentire con par-
             ticolare durezza da paesi quali la Francia, la Jugoslavia e la superpotenza sovietica.
             Come giustamente scrive Romain Rainero a proposito dell'atteggiamento dei vin-
             citori verso le nostre forze:  "Il loro apporto, così ripetutamente richiesto e ricono-
            sciuto in tempo di guerra, venne accantonato subito dopo la fine delle ostilità, qua-
            si  si  dovessero riconoscere gli  italiani  tutti solo nella veste di nemici  vinti e non di
            alleati" (II). Se  ciò appariva da un lato comprensibile pensando alle aggressioni non
             provocate che  il  regime  fascista  aveva  perpetrato contro tali stati, rimaneva il  fatto
             che essi  avrebbero  dovuto considerare che  quella che  si  presentava loro adesso era
             l'Italia che aveva combattuto e versato nella lotta per la libertà un  fiume di  sangue.
               Le  potenze occidentali  (e  specialmente gli  Stati  Uniti)  ritenevano che l'Italia
             dovesse continuare a possedere forze  militari adeguate, per cui già 1'8  novembre
             1945  il  Quartier Generale alleato in  Italia pubblicò un documento (la così detta
             "Direttiva  n°  1") (12)  la  quale,  limitatamente  all'Esercito,  autorizzava  (in  attesa
             del Trattato di  pace)  una forza bilanciata di  140.000 uomini esclusi  i Carabinie-
             ri,  organizzata in  cinque Gruppi di  combattimento, tre Divisioni  per la  sicurez-
             za interna e dieci Reggimenti non indivisionati e - cosa di grandissima importan-
             za  - stabiliva  che  a  far  tempo dal  14  novembre  1945  le  nostre forze  sarebbero
             passate pienamente sotto l'autorità del governo italiano.
                Nell'ottobre del  1945, sotto l'energica guida del generale Raffaele Cadorna, già
             comandante del  Corpo volontari  della  Libertà ed ora nuovo capo di  Stato Mag-
             giore  dell'Esercito,  i  Gruppi  di  combattimento  assunsero  la  denominazione
             di  "Divisioni di  Fanteria" con però un  organico del  tutto rinnovato rispetto alle
             vecchie unità di prima dell'8  settembre:  motorizzazione integrale, aumento della
             dotazione di  artiglierie, assegnazione a ciascuna di  un Battaglione di carri armati.
             Si  trattava quindi, almeno in  prospettiva, di  un  piccolo esercito, bene organizza-
             to, bene armato e bene addestrato, capace di rispondere a quelle eventuali esigen-
             ze  di  difesa  dei  confini  patri  che, se  pure non prevedi bili,  si  fossero  potute pre-
             sentare.  Bene,  dunque,  dice  il  generale  Oreste  Bovio:  "È doveroso  dare  atto  al


                (11)  Romain  Rainero,  "CAnna 1945:  tra  la  guerra e la  pace",  in:  J;Italia  iII guerra  il sesto
             allIlO, cit., p.  21.
                (l2)  "Direttive  temporanee  sull'organizzazione,  sull'addestramento  e  sull'impiego
             dell'Esercito  italiano".
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