Page 82 - Le Forze Armate e la nazione italiana (1944-1989) - Atti 27-28 ottobre 2004
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- STEFANO Il. GALLI
La seconda metà del Novecento, sino ai nostri giorni, ha reso l'opinione pub-
blica sensibile relativamente al destino delle persone alle quali viene proibito di
continuare a vivere nel proprio Paese e sono costrette a recarsi altrove. Tale gene-
ralizzata sensibilità ha avvolto il problema politico dell'esilio nelle nebbie di un ba-
nale moralismo e ha nascosto il lato vero e concreto della vita dell'esule che, in
realtà, è animata da un forte impulso emancipatore e liberatore verso, appunto,
l'altrove sconosciuto, indefinito e aperto a tutte le possibilità: ce lo hanno spiega-
to Milan Kundera, Pedrag Matvejeviée, Czeslaw Milosz, Brodskij che non hanno
rivendicato il lato tragico dell'esilio, inteso come vagheggiamento orgoglioso e
perverso del proprio passato, hanno piuttosto enfatizzato la dimensione dell'esilio
quale potente lente d'ingrandimento sugli eventi e sulla realtà.
L'esule moderno non è, infatti, un essere retrospettivo e retroattivo, ma vive
l'esilio come una condizione inalienabile e permanente, trasformando l'esistenza
concretamente vissuta - pagata, beninteso, con il prezzo della sofferenza interio-
re e del déracinement - in un quotidiano esercizio di recupero della propria iden-
tità, quella più autentica e più vera, e di instancabile e inquieta ricerca della li-
bertà. Perché la libertà dell'uomo moderno non è un diritto acquisito, ma una
qualifica da guadagnarsi giorno dopo giorno, anche nella tormentata e sofferen-
te catarsi dell'esilio: ce lo ha insegnato, all'indomani della Grande rivoluzione,
Benjamin Constant.
In particolare, Milan Kundera sottolinea la solitudine dell'esule, il rapporto
intimo con se stesso e con il suo tempo presente, che si configura come il terreno
di convergenza e di mediazione tra passato e futuro e ad essi conferisce una speci-
fica identità. Tra questa dimensione e la più generale dimensione collettiva, fuse in
un intimo e sovente inestricabile intreccio, si consumò l'Esodo delle popolazioni
giuliano-dalmate con il quale occorre comunque fare i conti perché rappresenta un
importante capitolo della storia del nostro Paese, e dunque un momento essenziale
dell'identità nazionale, al di là delle chiassose celebrazioni e delle visioni di parte
che hanno caratterizzato il primo "Giorno del ricordo".
Proprio là, sul confine orientale - in piccolo - si sperimentò quel che avven-
ne in Polonia, in Ceco-Slovacchia e in Ungheria, ove nel breve volgere di qual-
che decennio si sperimentarono gli opposti totalitarismi che hanno funestato la
storia dell'Europa nel ventesimo secolo. "Questa storia lacerata - ha scritto Gui-
do Crainz - rimanda infatti a lilla più grande rimozione. Ci fa capire anch'essa
l'esigenza e l'urgenza di un confronto reale fra le differenti memorie di un'Eu-o
ropa che nel Novecento ha vissuto in modo diverso due guerre e due dopoguer-
ra, e ha conosciuto opposti totalitarismi. Un confronto fra memorie individuali

