Page 80 - Le Forze Armate e la nazione italiana (1944-1989) - Atti 27-28 ottobre 2004
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- STEFANO Il. GALLI
Complessivamente, circa in 70.000 esuli migrarono all'estero, soprattutto nel
Nord e nel Sud America e in Australia; 80.000 in Friuli-Venezia Giulia, 200.000 in
altre regioni italiane. Nella primavera del 1948, una flotta di tredici piccoli pesche-
recci lasciò Rovigno, Fasana e Orsera, e dopo una prima tappa a Chioggia in una
ventina di giorni compì la circumnavigazione dello stivale e raggiunse la costa
Nord-Occidentale della Sardegna dove fondò una colonia istriana, non lontano da
Alghero; a Fertilia sorgevano infatti i resti dell'ultima città voluta dal fascismo, in
un'area paludosa da bonificare, ma non ultimata e qui s'insediarono gli esuli dan-
do vita a una colonia ancora oggi molto compatta e coesa. Nel breve volgere di un
anno qui s'insediano un migliaio di profughi che hanno un punto di riferimento in
don Dapiran, il parroco di Fertilia. Proprio Fertilia fu una delle sedi individuate
per la costruzione di una seconda Pola in Italia, all'indomani dell'Esodo, secondo
un progetto studiato dal Comitato giuliano di Antonio De Berti, ex deputato so-
cialista del 1921 poi imprigionato più volte dai fascisti e dai nazisti, che aveva or-
ganizzato l'Esodo. Il progetto degli ingegneri e degli architetti, approvato anche
dagli Alleati, prevedeva appunto la costruzione di una città solo per i profughi giu-
liani a Fertilia oppure, in alternativa, nel Gargano o a Castel Porziano, con il deli-
berato obiettivo di favorire l'inserimento dei profughi nel tessuto sociale ma anche
per consentire loro di conservare e tutelare la propria identità.
Sul Corriere della Sera, Montanelli scrisse in proposito: "I giuliani non han-
no battuto ciglio quando si è trattato di abbandonare terra, casa e averi. Ma non
sanno rassegnarsi a venire frazionati e divisi. "Finché siamo insieme, siamo forti",
dicono, ed io so a che cosa alludono. Alludono al timore di perdere, in mezzo al-
l'incomprensione e allo scetticismo altrui, quel calore di solidarietà e quella febbre
di italianità che tutti li stringono come una grande famiglia e che sono stati il som-
mo bene a cui essi hanno sacrificato tutti gli altri. Non vogliono separarsi. Non vo-
gliono che i loro figli nascano lombardi, o pugliesi, o piemontesi. Vogliono che re-
stino giuliani anche in Lombardia, in Puglia e in Piemonte. È comprensibile, è be-
ne che sia così" (43). Grazie al diffuso associazionismo, collegato a giornali e rivi-
ste, centri di studio e pubblicazioni, gli esuli riusciranno tuttavia a tutelare e colti-
vare la propria identità culturale.
Intorno all'esule: riflessioni conclusive
È un'operazione importantissima, quella del recupero della memoria, perché l'e-
silio - per concludere là dove abbiamo cominciato, con l'esperienza biografica e le
parole di Enzo Bettiza - "è simile a una lebbra, leggera, gassosa, che, con un logorìo
(43) Cito in: 11.. Petacco, L'esodo, cit., p. 184.

