Page 76 - Le Forze Armate e la nazione italiana (1944-1989) - Atti 27-28 ottobre 2004
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            stimabili in  circa 50.000 unità, erano fuggiti  in Italia e all'estero senza dichiarare
            ufficialmente il  proprio status.  In  particolare va ribadito l'alto  numero di quanti
            non furono censiti perché emigrarono all'estero appoggiandosi all'IRo (Internatio-
            nal Refugee Organisation) o perché, più semplicemente, si trasferirono presso pa-
            renti o amici già migrati. Le  ipotesi, comunque, oscillano tra le 350.000 unità (ci-
            fra fornita dalle associazioni degli  esuli) e le 200.000 unità, cifra fornita da alcuni
            studiosi croati con l'evidente obiettivo di ridimensionare il fenomeno.
                In  un discorso  pubblico,  tuttavia,  nel  1972 il  maresciallo Tito parlò di  oltre
            300.000 persone. Se ai  numeri relativi all'lstria e a Fiume si aggiungono le provin-
            ce di Zara, Trieste e Gorizia, ci si  avvicina effettivamente alla cifra delle 350.000
            unità divulgata  dall'associazionismo giuliano-dalmata.  Sollecitando una certa - e
            condivisibile - prudenza, Raoul Pupo mette in guardia dai conteggi "militanti". A
            essi è riconducibile la stima dei  350.000 esuli, calcolo "eseguito dalle associazioni
            dei  profughi istriani e al  quale  oggi  in  Italia si  fa  correntemente riferimento  nel-
            l'ambito del discorso pubblico sull'Esodo, anche se con un significativo slittamen-
            to di significato. La stima delle organizzazioni dei profughi parla infatti generica-
            mente di "esuli dai territori passati alla Jugoslavia", senza entrare nel merito della
            loro appartenenza nazionale;  nel  linguaggio della politica e dell'informazione in-
            vece i 350.000 sono diventati sic et simpliciter tutti italiani" (32).  Le stime ufficio-
            se parlano di 54.000 profughi su 60.000 per Fiume; 8.000 su 10.000 per Rovigno,
            14.000 su 15.000 per Capodistria, con un andamento pressochè analogo per gli al-
            tri centri costieri come Umago, Cittanova, Orsera, Isola, Albona, Cherso, Lussino e
            Zara. Da Dignano se ne andarono 6.000 persone su 7.000 e a Parenzo su 4500 re-
            sidenti ne rimasero poco meno di  un centinaio, così come a Pirano, dove rimasero
            poche famiglie - non più di cento persone in tutto - sui 7.000 abitanti originari. Al-
            l'interno, ovviamente, la situazione fu  diversa per due ragioni: anzitutto per la mag-
            gior presenza dell'elemento slavo e poi per la scarsa disponibilità di mezzi per la fu-
            ga come le navi che partivano dai  porti dei litorali dell'lstria e della Dalmazia. Os-
            serva Pupo che "il giudizio corrente secondo il quale a prendere la via dell'esilio fu
            circa il 90%  della popolazione italiana di Fiume e dell'lstria risulta compatibile con
            quanto da essi esposto, suggerendo le  250.000 unità come una stima realistica del
            flusso  migratorio degli italiani dai territori passati alla Jugoslavia" (33).


               (32)  R.  Pupo, II/ungo esodo, cit., p.  188.
               (33)  Ivi,  p.  190. In base ai  dati di  un  censimento dell'Opera per l'assistenza ai  profu-
            ghi  giuliani  e  dalmati,  il  45,64%  degli  esuli  erano  operai,  il  23,4%  donne  e  anziani,  il
            17,64 %  impiegati e  dirigenti,  il  13,44 %   commercianti, artigiani  e  professionisti. Anche
            per  quanto  attiene  all'appartenenza  sociale  degli  esuli  occorre  tuttavia  procedere  con
            estrema  prudenza.
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