Page 79 - Le Forze Armate e la nazione italiana (1944-1989) - Atti 27-28 ottobre 2004
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VESODO  DEGLI  ITALIANI  DALLA  FRONTIERA  ORIENTALE                 _
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        "Il treno venne fatto sostare all'estrema periferia del fascio di binari dello scalo bo-
        lognese. Qui le  crocerossine avevano preparato un pasto caldo, ma la voce dell'al-
        toparlante della stazione annunciò che "se il  treno dei fascisti  fosse  rimasto ancora
        fermo in stazione tutto lo scalo ferroviario sarebbe stato paralizzato immediatamen-
        te da uno sciopero".  Fu  giocoforza proseguire sino a Parma, dove alla sera giunse
        con autocarri militari quanto la Croce rossa aveva preparato a Bologna" (39).  Un'al-
        tra testimonianza di quell'evento racconta che alla stazione di Bologna "c'era gente
        che faceva il  pugno chiuso cosÌ e ci  diceva fascisti  e non si poteva neanche scende-
        re dal treno, ma noi avevamo bisogno di  bere  un po' d'acqua e  non ci  lasciavano
        scendere. Allora mia madre mi ha detto:  "vai tu che forse,  visto che sei  bambina ti
        fanno andare", e infatti mi  ha accompagnato anche un ragazzino e ci  han lasciato
        venire con l'acqua sul treno.  Ci hanno fermato  una notte intera, avevamo fame  e
        sete e gli uomini adulti non li lasciavano scendere, è stata una cosa tremenda"(40).
            Certo, sono solamente due episodi, quelli  di Venezia e Bologna, che tuttavia
        dimostrano un grave e generalizzato sentimento di ostilità nei confronti degli esu-
        li;  un  sentimento  per  la  verità  profondamente  contraddittorio  nell'ambito  del
        quale è assai difficoltoso rintracciare e percorrere i rivoli ideologici che lo scate-
        narono, se non partendo dai vertici del Partito comunista e dei moderati al gover-
        no. Se da un lato i primi vedevano nei profughi dei nazionalisti, quando non dei
        fascisti,  in  fuga  dal  socialismo  reale,  i  moderati  esprimevano le  stesse  titubanze
        degasperiane di fronte all'esodo. "In Italia - è questo il  tono di una testimonian-
        za - non tanto ci  ha provocato dolore la  dichiarata ostilità comunista, quanto la
        freddezza,  la  spaventosa ignoranza  dei  non  comunisti  di  tutte  le  città,  nessuna
        esclusa, sull'animo dei quali la propaganda comunista avrebbe dovuto agire inve-
        ce come elemento a nostro favore" (41).  Ostilità ideologica, ma anche indifferen-
        za culturale e timore sociale:  questi furono  i pregiudizi che animarono l'orienta-
        mento dell'opinione pubblica di fronte agli esuli.  "In molti casi - ha scritto Gian-
        ni Oliva - è la logica della "guerra fra  i poveri" a far  percepire i profughi come
        concorrenti in  un  mercato  del  lavoro  esangue" (42),  faticosamente  impegnato  a
        riorganizzarsi dopo una guerra lunga e logorante. Senza dimenticare che in alcu-
        ne realtà ove significativo era il  peso delle tradizioni e  delle consuetudini locali,
        lo scontro si spostò sul piano dei modelli culturali e comportamentali.



           (39)  L.  Vivoda,  Campo  profughi giuliani.  Caserma  Ugo  Botti La  Spezia,  Edizioni  Istria
        Europa, Imperia 1998, p.  42.
           (40)  Testimonianza citata in:  R.  Pupo, Il/ungo esodo, cit., p.  206.
           (41)  C.  Belci,  "Ricomporre le  membra sparse  in  un  programma organico", Arena di Po-
        la, 24 dicembre  1947.
           (42)  G.  Oliva, Profughi,  cit., p.  177.






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