Page 74 - Le Forze Armate e la nazione italiana (1944-1989) - Atti 27-28 ottobre 2004
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STEFANO Il. GALLI
per quanto attiene a Pola fu un fenomeno collettivo di vaste proporzioni; un fe-
nomeno che aveva trovato contrario lo stesso De Gasperi (per diverse ragioni, an-
zitutto logistiche interne e di opportunità politica relativamente a una ipotetica ri-
vendicazione), suscitando il risentimento e lo sdegno dei polesani che, indubbia-
mente animati da un forte spirito di italianità, si sentivano "respinti" dal governo
italiano. Nei primi mesi del 1947 la città fu abbandonata dalla quasi totalità dei
suoi abitanti, soprattutto via mare verso i porti di Venezia, Ancona e Trieste, a bor-
do del piroscafo Toscana e delle motonavi Grado, Pola, Montecucco e Messina
messe a disposizione del Comitato per l'esodo dal Governo italiano (27).
L'esodo da Pola - che colpì a fondo l'opinione pubblica - è raccontato in una
suggestiva testimonianza, viva e palpitante, confinata tra la memorialistica e la
narrativa, che negli ultimi anni ha ottenuto un grande successo. Si tratta del vo-
lume Bora di una giornalista, Anna Maria Mori, esule, e una professoressa di lin-
gua italiana nell'università di Pola, Nelida Milani, che rimase; un libro che' ha
raccolto molti riconoscimenti a livello nazionale e internazionale. «Nero, grigio,
nuvole, pioggia, fretta, parole a bassa voce, comandi bruschi, nervosi, presto,
sbrigatevi, non possiamo perder tempo, risvegli all'alba, sulla pelle ancora calda
del letto e del sonno, i cappotti pesanti e pungenti fatti con le coperte militari,
resi più caldi dal collo di lupo, e speriamo che sia stato un lupo al servizio di un
qualche orribile ufficiale della Wermacht. Si parte. Dieci anni di vita cancellati
in un giorno, o forse due: spariscono in due giorni, impacchettati in stracci, vec-
chie copie dell'Arena di Pala e camicie di forza di strisce di legno da imballaggio,
i mobili troppo grandi e panciuti dell'epoca (ah, l'impero come sogno e come pa-
ranoia dell'epoca fascista!), buffet, controbuffet e vetrina per gli argenti, il gran-
de tavolo di noce con i piedi a colonna, il mio armadio di legno di ciliegio, le si-
gnorine nude in alabastro, una sdraiata e l'altra in ginocchio con le mani sulla
testa, che ero abituata a vedere sul comò e sopra l'enorme apparecchio radio,
uniche donne e madonne cui mio padre, laico per davvero e per sempre, fosse
disponibile a rivolgere pensieri riverenti o irriverenti, comunque devoti" (28).
L'ossessiva ridondanza dell'affermazione "si parte" rende ancora più stra-
zianti le pagine di Bora: "Si parte. lo non ho capito bene perché, nessuno me lo
(27) Relativamente al numero di esuli da Pola la maggior parte delle fonti parla, appunto,
di 28.000 su 32.000; altri parlano di 32.000 su 35.000 specificando che 28.000 partirono en-
tro il 1947, mentre 4.000 lasciarono la città negli anni Cinquanta, quando furono riaperte le
opzioni per ottenere la cittadinanza italiana. Sull'esodo da Pola nelle sue due fasi, cfr.: G. Oliva,
Profughi, cit., pp. 142-169; R. Pupo, II/ungo esodo, cit., p. 135-141 e 172-186.
(28) A.M. Mori e N. Milani, Bora, Frassinelli, Mi/ano 1998, p. 138-139. Di Nelida Mi/ani si
. legga anche La valigia di cartone, Sellcrio, Palermo 1992.

