Page 124 - Giuseppe Garibaldi. L'Uomo. Il Condottiero. Il Generale - Atti 10 ottobre 2007
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all’udire il nome dei due ricercati. E nessuno osava per primo annunziare che erano
fra i caduti a Montelibretti. Alta fine, più che dalle parole interrotte, essi lo lessero
nel silenzio di tutti. Le lagrime sgorgavano loro dagli occhi - vollero udire la storia
intera della morte dei fratelli. Le Loro famiglie li aspettarono invano. Essi rimasero
coi volontari e furono dei più valorosi fra i garibaldini dell’agro romano. Uno era il
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fratello di Rossini 1’altro il fratello della guardia doganale” .
Fra le bande insurrezionali che ebbero un ruolo di primo piano durante la breve
campagna Garibaldina, meriterebbe un capitolo a parte quella capeggiata da euge-
nio Valzania (1821-1889), un patriota cesenate che aveva avuto modo di ammirare
il valore dei finanzieri durante 1’epica difesa della Repubblica Romana, nel 1849.
A tracciarne le gesta contribuì, nel 1934, il Generale C.A. Luigi Cicconetti, allora
Comandante Generale della Guardia di Finanza, nell’ambito del celeberrimo libro
“Roma o Morte”, dedicato appunto ai fatti del ’67. Il Generale Cicconetti ricorda che
le colonne del Valzania e di Vicenzo Coldest (circa 800 uomini) partirono da Terni (il
principale luogo di raccolta dei volontari) il 17 ottobre 1867, dirigendosi verso Calvi
dell’Umbria. Da qui, dopo mille peripezie, guadagnarono la vista di Monterotondo,
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raggiunta il successivo 23 ottobre . E fu proprio nel battaglione “Valzania” - ricorda
il Cicconetti - che un drappello di 6 guardie doganali italiane con il loro comandante,
un Sottobrigadiere, chiese ed ottenne di aggregarsi ai volontari, prendendo così parte
al combattimento del 25-26 ottobre.
Sul valore e sul sacrificio appalesati dai finanzieri a Monterotondo, il “Giornale di
Vicenza” del luglio1912 riportò la seguente testimonianza di un protagonista:
“Alle 8 del 26 ottobre 1867, mentre ancora gli antiboini erano padroni del palaz-
zo di Piombino, alcuni garibaldini trovavansi in un’osteria di Monterotondo, allor-
ché un compagno, sopravvenendo, disse «Chi vuole andare a prendere due bei ca-
valli che i papalini hanno messo fuori del palazzo Piombino?». Il tenente Campana
ed il sergente Pucci, armati, si avviarono subito al palazzo: l’impresa era difficile:
allora essi di corsa traversarono la strada e si recarono all’altro lato del palazzo. A
pochi metri era una palazzina: essi si fecero aprire e dalle finestre del secondo piano
iniziarono un fuoco violento contro il palazzo: ben presto furono raggiunti da altri
compagni. I pontifici finalmente innalzarono bandiera bianca.
Il tenente e il sergente, dopo aver fatto cessare il fuoco, si slanciarono subito alla
gran porta del palazzo, ma questa era chiusa: solo la porticina era socchiusa e sbar-
rata. I due valorosi, aiutati da una guardia di finanza, riuscirono a forzare la porta
ed entrarono: prima la guardia di finanza, poi il tenente, infine, il sergente. I tre tra-
versarono a passo di corsa l’androne, allorché un colpo di fucile uccise la guardia di
5 Ibidem, pag. 697.
6 Gen. Luigi Cicconetti, “Roma o Morte”, Editori Luigi Alfieri & C., Milano, 1934, pag. 109.

