Page 29 - Giuseppe Garibaldi. L'Uomo. Il Condottiero. Il Generale - Atti 10 ottobre 2007
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            Giuseppe Garibaldi. l ’ uom o, il condottiero, il Generale

            sia per la protezione del nostro commercio e delle nostre coste, noi dobbiamo avere
            una marina competente”. (16)
                Come navalista non ebbe grande originalità o capacità critica. Recepì abbastanza
            supinamente la lezione di Lissa, pronunciandosi contro il combattimento di linea, in
            uno schema tattico che privilegiava “l’uso a cuneo in massa” e l’uso dello sperone,
            che avrebbero trovato piena smentita nella battaglia dello Yalu tra cinesi e giappo-
            nesi. Raccomandò di sorprendere sempre e di non essere sorpresi mai e vagheggiò
            un’iniziativa anfibia attraverso l’Adriatico, nella convinzione di riuscire a sollevare
            gli slavi contro Vienna. Naturalmente era a favore di una iniziativa costante, che non
            lasciasse al nemico la possibilità di acquisire i vantaggi che l’uso della Marina, defi-
            nita “specialissima delle armi” perché richiede più di tutte “intelligenza e scienza”,
            poteva procurare. (17)
                Ebbe naturalmente familiarità con l’ambiente marittimo, con i costruttori e gli
            armatori, ed anche con scrittori di cose navali, come il Vecchi. In Parlamento si inte-
            ressava dei porti, specie quelli della Liguria e di Roma, e di iniziative armatoriali. A
            proposito di una di queste, fin dall’agosto 1861 raccomandò l’impiego dell’elica per i
                                                                            (18)
            piroscafi, così da poterli armare ed usare efficacemente in caso di ostilità.
                Peraltro, in conclusione, si può ricordare che Garibaldi aveva nella memoria un
            idolo che veniva dal mare: Nelson, e nella fantasia una specie di sogno: Trafalgar.
            Forse di là veniva l’ingenuo consiglio, dato al ministro Ferdinando Acton, di piazza-
            re tiratori scelti sulle coffe. Così era morto Nelson, quel Nelson del quale invidiava
            la fine. Riferisce il Griziotti che nell’aprile 1880, a Caprera, Garibaldi gli disse che
            l’Italia poteva avere un posto primario in Europa, se avesse conseguito una vittoria
            navale. E aveva aggiunto: “Io spero di assistere ad una brillante battaglia navale dalla
            quale l’Italia deve uscire vittoriosa, e sarei lieto di poter io stesso trovarmi su una fre-
            gata, perché mi pare di avere la voce abbastanza forte per il comando. Mi farei legare
            sul ponte e le mani ancora mi servono per adoperare il cannocchiale e sarei ancor
            buono di dire una parola all’equipaggio…Io sarei proprio felice di morire a bordo di
            una fregata italiana alla sera di una giornata come Trafalgar o Abukir”.








            16  Camera dei Deputati, cit., II, pp. 604-05.
            17  E. Ferrante, Garibaldi pensatore navale, in “Rivista marittima”, CXV, n. 6 - giugno 1982, p.
               48.
            18  Cfr M. Gabriele, Garibaldi marinaio, estratto da AA. VV., Garibaldi e il suo mito, Roma,
               Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano, 1983, p. 184.
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