Page 24 - Giuseppe Garibaldi. L'Uomo. Il Condottiero. Il Generale - Atti 10 ottobre 2007
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            se a nome di Giuseppe Pane; superate queste ed altre difficoltà l’Emma fu utilizzata
            per brevi navigazioni tra Genova, Nizza e la Sardegna per il trasporto di legname,
            pozzolana, sale e ferro. Dopo 7 mesi il cutter naufragò sulla costa di Caprera e gli
            assicuratori pagarono un indennizzo.
                Subito dopo, tra il 1857 ed il 1858, nuovamente Garibaldi si mosse in cerca di
            nuovi imbarchi e corse voce di una iniziativa importante (due navi su percorsi di linea
            transatlantici) che lo avrebbe coinvolto. In realtà non c’era niente di serio: la società
            transatlantica era in fallimento e nessun altro armatore era disposto ad impegnarsi nel
            progetto, cui, peraltro, il sognatore di Caprera doveva aver veramente creduto.
                L’ultima esperienza di marinaio mercantile e di armatore venne dopo i fatti cla-
            morosi del 1860. Amici inglesi acquistarono per Garibaldi, con una sottoscrizione,
            uno yacht di 50 t classificato brigantino-goletta, battezzato Principessa olga. Giunse
            alla Maddalena nel novembre 1864, ma era una imbarcazione da diporto e all’inizio
            del 1869, “per non avere i mezzi di mantenerla”, l’eroe dei due mondi la vendette per
            50.000 lire allo Stato che la destinò a La Spezia “a disposizione dei principi”.
                Il secondo filone di esperienze marinare di Garibaldi attiene al settore militare.
            Benché già comandante di navi mercantili, egli si arruolò nella Marina sarda come
                               a
            “marinaio di leva di 3  classe” col nome di battaglia Cleombroto. Era il 26 dicembre
            1833 e il motivo, come già abbiamo accennato, era di promuovere, prima sull’euridi-
            ce e poi sul De Geneys, un ammutinamento e un’insurrezione. Sappiamo come andò
            a finire: fiasco su tutta la linea, fuga e condanna a morte in latitanza. Non di può dire
            che questo precedente sia servito gran che.
                Ma tra il 1837 e il 1846, in Sudamerica, si rivelò un audace corsaro e un abile
            condottiero navale, coraggioso al limite della temerità, combattendo sempre per la
            parte più debole. Il governo della repubblica del Rio Grande del Sud, insorta contro
            l’impero brasiliano, lo autorizzò “a incrociare con il Mazzini in tutti i mari e fiumi in
            cui trafficano le barche da guerra o mercantili del governo del Brasile, potendo ap-
            propriarsele e prenderle con la forza delle armi”. Ma il Mazzini era solo una vecchia
            barca da 20 t, inadatta alle esigenze di una guerra di corsa. Tuttavia l’estrema audacia
            venne premiata col riuscito abbordaggio della luisa, una goletta brasiliana che fu
            ribattezzata Farroupilha, ossia “pezzente”, come i brasiliani chiamavano gli abitanti
            delle repubbliche meridionali. Anche così era difficile fronteggiare sul mare le forze
            navali della Marina imperiale brasiliana e quelle dei loro alleati uruguayani; e furono
            proprio due lancioni uruguayani a sorprendere la Farroupilha il 15 giugno 1837 e a
            ferire Garibaldi al collo. Salvatosi, Garibaldi fu confinato in una località argentina,
            mentre la goletta veniva sequestrata; intanto anche Buenos Aires si schierava col
            Brasile e con l’Uruguay. Tentata invano una prima volta la fuga, il corsaro italiano fu
            torturato per punizione. Tornò in seguito nel Rio Grande, ma si trovò in una situazio-
            ne difficile, poiché le sue imbarcazioni, tra cui la goletta recuperata, si trovavano pri-
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