Page 66 - Giuseppe Garibaldi. L'Uomo. Il Condottiero. Il Generale - Atti 10 ottobre 2007
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            lotta politica. Su un ultimo punto almeno, relativo al secondo esilio, vale la pena di
            soffermarsi un momento prima di riportare Garibaldi in Europa. Riguarda l’accusa,
            rivoltagli all’epoca dai cattolici e in questi ultimi anni ripresa dai loro eredi integralisti,
            di avere durante un viaggio di ritorno dalla Cina, nel 1852, trasportato sulla propria
            nave (la Carmen) un carico di cinesi da adibire ai lavori forzati nei giacimenti di guano
            del Perù. Un Garibaldi negriero sarebbe in palese contraddizione con i principi che
            l’uomo aveva sostenuto e seguito concretamente in passato, liberando gli schiavi bra-
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            siliani  o scegliendo come proprio attendente a Roma il nero Aguyar, colpito a morte
            negli ultimi giorni della Repubblica. È, questa polemica, basata su una affermazione
            induttiva e priva di prove che potrebbe essere benissimo respinta già sulla base delle
            considerazioni appena esposte; in realtà essa è stata smontata dalle puntigliose ricerche
            condotte da uno studioso australiano, Philip K. Cowie, sulla stampa peruviana e sui
            registri delle navi approdate a Callao con un carico di carne umana negli stessi giorni
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            in cui vi arrivava Garibaldi, la cui nave non figura nell’elenco . Ci sarebbe piuttosto
            da chiedersi – ma non è questa la sede - il perché di un accanimento così protratto nel
            tempo, non tanto verso il personaggio in sé, quanto verso ciò che esso ha rappresentato
            per la grande maggioranza degli Italiani. Del ritorno in Italia nel 1854, e della nuova
            fase che esso schiude all’orizzonte di un uomo che per tre anni ha volutamente igno-
            rato tutto o quasi del suo paese (dove, per la verità, ben poco di nuovo è successo dal
            momento che la sconfitta del ’48 e la successiva repressione hanno aperto profonde
            contraddizioni all’interno del movimento nazionale), va messo in evidenza il deciso
            orientamento filopiemontese che Garibaldi esprime sin dai suoi primi contatti con gli
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            esponenti della Sinistra democratica . Il fatto è che Garibaldi continua in cuor suo a
            sentirsi repubblicano, ma a questo punto avverte il bisogno di cercare strade diverse da
            quelle già percorse, e l’evoluzione interna del Piemonte, che è la vera novità dei primi
            anni ’50, gli schiude una prospettiva sulla quale pensa di potere investire più che su



            14  L’episodio, notissimo, è ricordato dallo stesso Garibaldi e ripreso poi dai biografi: per tutti si
               vedano Ivan Boris, Gli anni di Garibaldi in Sud America 1836-1848, Longanesi, Milano 1970,
               p. 35, e A. Scirocco, op. cit., pp. 47-48.
            15  Philip K. Cowie, Nuova luce su Garibaldi in Perù (1851-1853), in rassegna storica del risor-
               gimento, a. LXVIII (1981), pp. 325-331; Id., Contro la tesi di Garibaldi negriero, in rassegna
               storica del Risorgimento, a. LXXV (1988, pp. 389-397.
            16  Per la verità Garibaldi non aspetta nemmeno di essere rientrato in patria per rendere noto il suo
               punto di vista. Infatti già il 22 settembre 1853, da Boston, comunica al piemontese Giuseppe
               Valerio il “programma” intorno al quale ha cominciato a chiamare a raccolta alcuni compagni
               d’esilio: “Rannodarsi intorno alla bandiera italiana del Piemonte, qualunque sia stata la con-
               vinzione di sistema per il passato e francamente; non avendo altra meta che quella di riunir
               l’Italia a quel governo, combattendo tutti gli stranieri che l’opprimono” (G. Garibaldi, episto-
               lario, cit., vol. III, p. 56).
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