Page 222 - Il Risorgimento e l'Europa - Attori e protagonisti dell’Unità d’Italia nel 150° anniversario - Atti 9-10 novembre 2010
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            della Lega dell’Italia Centrale, elevò fino 180.000 la consistenza numerica
            del nuovo esercito, ma ne rese allo stesso tempo necessaria e improcrastina-
            bile un’opera di riforma dell’intera struttura, per darle un assetto più uniforme
            e moderno. Tale riforma fu addirittura improcrastinabile nel 1860, quando
            l’annessione dei territori pontifici delle Marche e dell’Umbria e soprattutto
            del Reame delle Due Sicilie, comportò l’inglobamento degli ex-militari meri-
            dionali e delle camice rosse di Garibaldi.
               Nel nuovo esercito convisse la tradizione militare sabauda, impersonata
            dal generale La Marmora, quella volontaristica di Garibaldi, e quella cospira-
            tiva e insurrezionale dei circoli unitari del centro Italia, che aveva in Manfredo
            Fanti il principale esponente.
               La questione di fondo su cui divergevano le opinioni di La Marmora, Fanti
            e Garibaldi era insomma che fisionomia avrebbe dovuto avere il nuovo eser-
            cito “italiano”, perché nessuno dei tre metteva in dubbio il fatto che fra tutti
            gli strumenti per cementare l’unità nazionale l’esercito sarebbe stato il più
            importante.
               Scartata la posizione di Garibaldi, che avrebbe voluto traslare la fisiono-
            mia dei suoi reparti di volontari nell’esercito regolare, anche l’opinione di La
            Marmora,  favorevole  ad un mantenimento  del  precedente  ordinamento,
            venne  sacrificata  all’atto  della  nomina  nel  1860, di  Fanti  alla  carica  di
            Ministro della Guerra, e quindi di responsabile della trasformazione ordinati-
            va dell’esercito.
               Il Fanti, modenese, dal canto proprio, aveva comandato nel 1859 i contin-
            genti di volontari della Lega dell’Italia Centrale, fatto che gli aveva meritato
            un certo sospetto da parte dei colleghi piemontesi, soprattutto quando, nel
            1860, il conte di Cavour lo aveva nominato ministro della Guerra consenten-
            dogli di mantenere  allo stesso tempo il comando delle  truppe della  Lega
            dell’Italia Centrale, preparandone di fatto, e contro la volontà della Francia,
            l’annessione al regno sabaudo. La sua conversione alla causa monarchica e la
            sua nomina a ministro del Regno, furono quindi altrettanti  segnali di una
            trasformazione nel senso di una composizione italiana del nuovo esercito.
               Il Fanti era un assertore convinto del modello francese, che del resto era
            quello tradizionale dell’organizzazione militare piemontese. L’altro termine
            di riferimento dei circoli militari piemontesi, primo fra tutti del La Marmora,
            era la Prussia bismarkiana, la cui organizzazione differiva in modo radicale
            da quella francese. Lì dove l’esercito francese si basava su di un folto nucleo
            di soldati professionisti affiancato dalla milizia in tempo di guerra, quello
            prussiano ricorreva invece alla leva di massa, mentre l’esercito francese pri-
            vilegiava la difesa e la controffensiva locale, quello prussiano era strutturato
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