Page 225 - Il Risorgimento e l'Europa - Attori e protagonisti dell’Unità d’Italia nel 150° anniversario - Atti 9-10 novembre 2010
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Alle origini dell’e. i.: gli eserciti degli stAti preunitAri e rivoluzionAri  225


               forze armate del giovane regno. Il 16 novembre, con effetto retrodatato all’11,
               veniva decretato lo scioglimento dell’esercito garibaldino, i cui appartenenti
               potevano scegliere fra il congedo con 6 mesi di stipendio o l’arruolamento
               per 2 anni in un corpo speciale. Le posizioni degli ufficiali sarebbero state
               sottoposte al vaglio di un’apposita commissione, che ne avrebbe stabilito la
               compatibilità  col transito nell’esercito  regolare. Dei 53.000 soldati circa
               dell’esercito garibaldino, solo 238 rimasero in servizio, mentre su 7.343 uffi-
               ciali ne furono trattenuti 1.740. Bisogna pur considerare però, che i migliori
               comandanti garibaldini come Bixio, Medici, Turr, Cosenz e Sirtori vennero
               tutti conservati nel grado e transitati all’esercito regolare, nel quale fecero
               ottima figura, e che il trattamento riservato dal Fanti all’esercito ex-borboni-
               co non fu più indulgente. Le classi dal 1857 vennero infatti trattenute nel
               nuovo esercito nazionale, mentre gli ufficiali, previo giudizio di una commis-
               sione, furono incorporati, in ragione di 2.300 su 3.600.
                  Nel comportamento di Fanti ministro, pesava indubbiamente la sua espe-
               rienza spagnola, durante la quale aveva avuto modo di osservare da vicino
               quanto pericoloso potesse essere per un regno  la presenza di forze armate
               indisciplinate e divise dal settarismo politico. Tutta la sua azione, duramente
               criticata anche allora, fu volta a prevenire il rischio che le forze armate del
               regno d’Italia potessero essere, invece che un fattore di stabilità  e uno stru-
               mento di controllo, una causa continua di ribellioni e pericolose compromis-
               sioni fra la politica e la gerarchia militare. Tale indirizzo, lo portò a sacrifica-
               re alla ragione politica anche alcune esigenze di efficienza militare. Diffidando
               degli eserciti composti da soldati di mestiere, scelse di basare sulla massiccia
               coscrizione e sulla ferma di tre anni il reclutamento dell’esercito. Tuttavia, la
               necessità di prevenire, in un paese appena unificato, ogni forma di “regiona-
               lismo” lo convinse ad adottare un sistema di reclutamento “misto”, in base al
               quale i reggimenti venivano composti con soldati arruolati in due differenti
               provincie e poi stanziati in una terza. Il meccanismo di mobilitazione ne risul-
               tava decisamente complicato, e la coesione dei reparti molto diminuita, spe-
               cie in un’epoca dove la diffusione della lingua nazionale era ancora minima.
                  Il 4 maggio 1861, con la “nota n. 76”, all’atto della fondazione dell’Eser-
               cito Italiano, Fanti estendeva l’ordinamento dell’esercito piemontese a tutto
               il Regno.
                  Nel giugno 1861, dopo la scomparsa di Cavour, Fanti si dimise dalla cari-
               ca di ministro della Guerra. Prima di morire, dovette assistere all’abrogazione
               del proprio ordinamento organico dell’esercito da parte del nuovo ministro
               della Guerra Della Rovere, nel 1862.
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