Page 230 - Il Risorgimento e l'Europa - Attori e protagonisti dell’Unità d’Italia nel 150° anniversario - Atti 9-10 novembre 2010
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230 Il RIsoRgImento e l’euRopa. attoRI e pRotagonIstI dell’unItà d’ItalIa.
regolavano i rapporti tra gli Stati, il “concerto delle potenze” che orchestrava
la comunità attraverso alleanze e controalleanze, congressi e trattati. Ne sono
esempio l’invasione dello Stato pontificio il 10 settembre 1860 e, ancor più,
l’irruzione dell’esercito di Vittorio Emanuele II nel regno delle Due Sicilie a
metà dell’ottobre seguente.
Le guerre furono eventi eccezionali, solitamente di breve durata, nell’am-
bito di relazioni pacifiche volte a risolvere i problemi degli Stati e l’ammini-
strazione dei loro abitanti. Esse sono dominanti nella memoria storica perché
mutarono i confini politici e la sovranità e lasciarono un’orma più evidente e
profonda anche perché causarono vittime e coinvolsero direttamente e indi-
rettamente moltitudini di persone. Le guerre, le battaglie rimangono nel
ricordo più degli accordi monetari e commerciali o delle convenzioni ferro-
viarie, anche se a volte questi hanno conseguenze più importanti e durevoli
nella vita dei cittadini, ancorché non lo percepiscano.
Dinnanzi agli eventi salienti dell’unificazione nazionale – le guerre e le
battaglie, appunto – torna l’interrogativo che già si posero i contemporanei.
Essa era davvero necessaria? Poteva essere conseguita con minori costi
umani?
La risposta è data dai fatti. Il nuovo Regno resse a prove severe: le scon-
fitte nelle guerre coloniali, la ritirata dall’Isonzo al Piave nella prima guerra
mondiale, la catastrofe della seconda guerra mondiale e la guerra civile del
1943-45. Esso era dunque più solido di quanto si credesse al suo avvento.
D’altronde, se la Repubblica attuale resiste alle spinte centrifughe e a molte-
plici crisi interne e internazionali vuol dire che l’unità nazionale ha soddisfat-
to e soddisfa i cittadini più di quanto gli Stati preunitari facessero con i propri.
A differenza di quanto venne scritto soprattutto da studiosi britannici un
ventennio addietro, l’Italia non era e non è affatto una Jugoslavia più a ovest.
La realtà è di altro tenore. Va infatti constatato che a metà Ottocento Stati
secolari o quasi millenari, come quello pontificio, crollarono di schianto.
Ognuno di essi vantava città ricche di chiese, palazzi, ville, musei, bibliote-
che, manifatture, amministrazione centrale e locale. Sotto il profilo politico-
militare essi erano però come alberi di alto fusto, dalla scorza appariscente
e ancora frondosi, ma svuotati dall’interno, privi di linfa vitale. In quei casi
basta una tempesta e sopravviene il crollo. Senza un evento traumatico ester-
no essi possono tuttavia durare a tempo indeterminato.
L’avanzata dell’Armata di Fanti fu l’evento che decise il corso della storia
e dette senso compiuto all’impresa di Garibaldi, altrimenti destinata a sbocchi
imprevedibili.