Page 224 - Il Risorgimento e l'Europa - Attori e protagonisti dell’Unità d’Italia nel 150° anniversario - Atti 9-10 novembre 2010
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            attorno alla manovra e all’offensiva a largo raggio, nel periodo in cui i fran-
            cesi erigevano fortezze e sbarramenti poderosi sui propri confini orientali, i
            prussiani stendevano una capillare rete ferroviaria in tutto il paese, al fine di
            mobilitare e spostare con prodigiosa rapidità grandi masse di armati e di rifor-
            nimenti.
               L’esercito che aveva combattuto la campagna del 1859 era il frutto appun-
            to di un compromesso, voluto da La Marmora, fra le due impostazioni. Un
            esercito di dimensioni ridotte, moderatamente ben equipaggiato e formato da
            un forte nucleo professionale affiancato da volontari.
               Proprio la cospicua presenza di questi ultimi, soprattutto dopo la conquista
            del Meridione, era stata la ragione di un aspro scontro in Parlamento fra lo
            stesso Fanti, appoggiato nella circostanza anche da La Marmora, ed il gene-
            rale Garibaldi. Quest’ultimo infatti, avrebbe voluto l’integrazione nella strut-
            tura dell’Esercito regio delle sue divisioni di volontari, le “Camice rosse”,
            sotto forma di un corpo d’armata. Un tale stato di cose avrebbe però introdot-
            to una pericolosa divaricazione della struttura militare del neonato stato uni-
            tario, con l’innesto sul tronco “regolare” dell’esercito sabaudo di decine di
            migliaia di volontari, in gran parte repubblicani, la cui fedeltà andava più allo
            stesso Garibaldi che non al Re.
               Fanti inoltre rilevò come le file garibaldine il numero degli ufficiali fosse
            molto elevato (1 a 7), e come in pochi mesi fossero state conseguite delle
            promozioni  straordinarie,che avrebbero  portato,  nel  caso di un transito
            nell’esercito regolare, ad avere colonnelli giovani quanto i tenenti dell’eser-
            cito regolare. Il Re Vittorio Emanuele dal canto proprio, avrebbe gradito una
            maggiore  indulgenza  verso i garibaldini,  ed era  irritato dalla  tendenza  del
            Fanti ad interpretare talvolta la propria funzione di ministro come quella di
            un portavoce dell’opinione dell’Esercito nei confronti della politica e della
            corona. Soprattutto, e scontrandosi in questo anche con Cavour, Fanti ritene-
            va dovesse considerarsi terminata la politica fin lì perseguita dal Regno, e
            bisognasse passare ad un’opera di consolidamento  dello  Stato, alla  quale
            dovevano restare estranei i  garibaldini e i circoli radicali, dai quali pure lui
            stesso proveniva.
               Lo scontro dovette essere al calor bianco, se Cavour riferisce di aver dovu-
            to ricordare al Fanti “ [..] che non eravamo in Spagna, che da noi l’esercito
            ubbidiva”, un’allusione provocatoria al passato “avventuroso” del generale
            nella Spagna dei colpi di stato e della guerra civile.
               A dispetto di tutto, il ministro riuscì ad imporre, anche in questo caso, la
            propria opinione, sostenuto in questo dalla casta degli ufficiali piemontesi,
            dei quali la sua riforma sancì la sostanziale posizione di predominio nelle
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