Page 244 - Il Risorgimento e l'Europa - Attori e protagonisti dell’Unità d’Italia nel 150° anniversario - Atti 9-10 novembre 2010
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            Ruiz giunse a Caserta Vecchia dopo aver travolto i reparti dell’eroico Pilade
            Bronzetti, morto in combattimento.
               Garibaldi orchestrò il contrattacco impiegando le riserve con tempestività
            e lungimiranza. Mostrò  qualità di autentico condottiero.
               I borbonici si impegnarono a fondo, si batterono con valore e professiona-
            lità, ma fallirono l’obiettivo strategico: avvolgere e annientare i garibaldini,
            aprirsi la strada su Napoli, capovolgere le sorti di una guerra che sino a quel
            momento sul continente non aveva registrato vere battaglie.
               Al Volturno i garibaldini ebbero 1600 caduti e 250 prigionieri. I borbonici
            lamentarono 1220 morti e feriti e 74 prigionieri, cui si aggiunsero l’indomani
            altri 2.000 uomini intenzionati a saccheggiare la reggia di Caserta, ma furono
            circondati e  catturati. Il bilancio delle perdite indicò un risultato di quasi
            parità come era accaduto  a Novara il 23 marzo 1849. Ma come là Carlo
            Alberto capì di aver esaurito le risorse, così la battaglia del Volturno ridimen-
            sionò drasticamente i propositi borbonici di ulteriore riscossa. Il trono non era
            ancora perduto ma la sua salvezza dipendeva ormai dall’intervento straniero
            più che dall’iniziativa autonoma.


               Nel 1859, alla guida dei Cacciatori delle Alpi, Garibaldi aveva avuto un
            ruolo importante ma non determinante nel quadro complessivo della guerra.
            Nel settembre-ottobre 1860 invece  fu lui a fermare i borbonici in una batta-
            glia campale. La vittoria del Volturno però non fu risolutiva. Per entrambi i
            contendenti si risolse in una “battaglia d’arresto”. I generali di Francesco II
            non ritentarono l’offensiva. Dal canto suo il Generale non incalzò il nemico.


            il volturno di vittorio emanuele ii
               Il 3 ottobre Vittorio Emanuele II giunse ad Ancona e assunse il comando
            dell’esercito.
               Il 4 ottobre Cavour  comunicò a Fanti che su consiglio di Napoleone III e
            di Palmerston bisognava arrivare a Napoli senza però attaccare Francesco II.
            Lo ribadì a Farini l’indomani. Il 5 ottobre a Vittorio Emanuele II aggiunse:
            “Farla  finita  al  più  presto  con  Garibaldi;  occupare  Napoli  e  promuovere
            manifestazioni popolari in tutte le province del regno; cacciare il re da Gaeta
            se non se ne va volonterosamente”. Raccomandò però al re: “Garibaldi è il
            più fiero nemico ch’io m’abbia, eppure io desidero ardentemente pel bene
            d’Italia e l’onore di Vostra Maestà ch’esso si ritiri pienamente soddisfatto”.
            Facile da dire, meno facile da fare.
               Re Vittorio doveva dunque invadere il regno di suo “nipote”, Francesco II
            di Borbone,  senza  dichiarargli  guerra e senza combatterlo, sbarazzarsi  di
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