Page 242 - Il Risorgimento e l'Europa - Attori e protagonisti dell’Unità d’Italia nel 150° anniversario - Atti 9-10 novembre 2010
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            dell’esercito pontificio, precorrendo le prevedibile reazioni delle Cancellerie
            europee. Tra il 20 e il 24 settembre Ancona fu chiusa in una morsa, comple-
            tata dal mare con la flotta sabauda. Anziché intraprendere un assedio di dura-
            ta imprevedibile, Fanti decise l’assalto e prevalse con cinque giorni di com-
            battimenti durissimi e cannoneggiamenti, anche da parte della fregata
            “Vittorio Emanuele”. Il 29 settembre Lamoricière si arrese con  tre generali,
            7000 uomini e 154 cannoni. Non ebbe l’onore delle armi, ma fu trattato con
            tutti i riguardi. Era un militare valoroso e capace, non era un avventuriero né
            un mercenario, malgrado la fosca leggenda in cui vennero avvolti  i soldati di
            Pio IX.
               In venti giorni l’ “Italia”, che ancora non c’era, occupò  due vaste, ricche
            e popolose regioni che da secoli facevano parte dello Stato Pontificio.
               I combattimenti avvennero lontano dai confini del Lazio. Come Cavour
            aveva assicurato a Napoleone e le capitali si attendevano,  Roma non fu coin-
            volta in alcun modo nel conflitto. La guerra non ebbe alcuna ripercussione
            diretta sulla Città Eterna e l’incolumità del Papa. Le Ambasciate non furono
            minimamente  minacciate.  Il governo di  Torino si attenne  al programma
            dichiarato:  raggiungere più rapidamente  possibile il confine  con le Due
            Sicilie  ove era iniziato  un vasto moto insurrezionale contro i “liberali”.
            Garibaldi non era assolutamente in grado di reprimerlo. Aveva già difficoltà
            a difendere Napoli dall’imminente controffensiva borbonica.

            il volturno di gariBaldi
               Due giorni dopo la resa di Ancona, tra l’ 1 e il 2 ottobre, Garibaldi fron-
            teggiò il colpo di coda dell’esercito di Francesco II di Borbone. Consapevole
            che l’avanzata  di Re Vittorio attraverso lo Stato Pontificio segnava la sua
            sconfitta, il re tentò la carta estrema: l’offensiva su Caserta per aprirsi la stra-
            da del ritorno a Napoli. Una vittoria avrebbe determinato l’intervento diplo-
            matico  delle  grandi  potenze.  Non era  escluso  che  i  “piemontesi”  fossero
            costretti a tornare sui loro passi dalle Cancellerie o da  un congresso di pace.
            Bisognava tentare. Comunque era ancora possibile portare all’indietro le lan-
            cette della storia.
               Garibaldi era alle prese con la pressione di Cavour che, tramite il prodit-
            tatore Agostino Depretis, chiedeva l’annessione immediata della Sicilia alla
            corona di Vittorio Emanuele re costituzionale e con chi non rinunciava al
            programma massimo: puntare su Roma.  Il 19 settembre un forte contingente
            di garibaldini, avanzato a nord del Volturno, venne battuto a Caiazzo da 7000
            borbonici.
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