Page 237 - Il Risorgimento e l'Europa - Attori e protagonisti dell’Unità d’Italia nel 150° anniversario - Atti 9-10 novembre 2010
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V. EmanuElE II, CamIllo  CaVour  E manfrEdo fantI. dal Po al Volturno  237


               fazioni  e da quelli  italiani,  sia
               borbonici  e papisti,  sia antisa-
               baudi, riluttanti  ad ammettere
               che l’Italia abbia saputo fare da
               sé quanto fece. La leggendaria
               tutela britannica alimentò la
               polemica contro il Risorgimento
               venduto allo straniero, manipo-
               lato dalla Gran Bretagna in odio
               al papa e, recentemente, sui
               “panni sporchi dei Mille”.
                  La fase centrale  e decisiva
               dell’unificazione tra fine agosto
               e inizio  ottobre  1860 assunse
               ritmi convulsi. Anche a distanza
               di un secolo e mezzo essa si
               presenta come una matassa
               ingarbugliata di eventi. Per
               coglierne il bandolo e spiegarla
               senza smarrirsi basta però segui-
               re la sequenza cronologica e
               mettersi  dal  punto di vista  dei                      Diomede Pantaleoni
               suoi protagonisti, coglierne i pro-
               getti, le speranze, le azioni senza pretendere di insegnar loro che cosa avreb-
               bero dovuto fare per meglio riuscire nell’impresa.
                  Vittorio Emanuele II e il suo primo ministro Cavour, il dittatore Garibaldi,
               e persino il ministro dell’interno delle Due Sicilie, Liborio Romano, conse-
               guirono l’obiettivo fondamentale: conservare al Risorgimento il carattere di
               lotta per la liberazione dagli stranieri e per l’unità. Proprio quando si sostan-
               ziò in aggressione a Stati riconosciuti dalla comunità internazionale, il pro-
               cesso di unificazione evitò di degenerare in guerra italo-italiana, di tradursi in
               una guerra civile che avrebbe minato alla radice il risultato stesso dell’unifi-
               cazione perpetuando divisioni laceranti.
                  Questa non fu impresa facile.


                  A giudizio  di  Diomede  Pantaleoni,  emissario  di  Cavour  in  Roma,  se
               Garibaldi avesse davvero intrapreso la marcia sulla Città Eterna, era prevedi-
               bile  l’insurrezione  popolare  contro  il  governo  dei  Pio IX. Napoleone   III
               sarebbe accorso a sostegno del papa per non perdere il consenso interno e
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