Page 236 - Il Risorgimento e l'Europa - Attori e protagonisti dell’Unità d’Italia nel 150° anniversario - Atti 9-10 novembre 2010
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            l’accordo Segreto di chamBéry
               Il 27 agosto 1860 Napoleone III si recò a Chambéry per celebrare l’annes-
            sione della Savoia alla Francia. Per confermare il consenso (se non il plauso)
            Vittorio Emanuele II vi si fece rappresentare da Luigi Carlo Farini e da Enrico
            Cialdini, un uomo politico e un militare che incarnavano decenni di cospira-
            zioni liberali, con radici nelle sette segrete, carboneria e massoneria.
               A Chambéry i due non andarono però solo per ribadire il placet di Torino
            all’annessione. Furono latori di un messaggio segreto del re, decisivo per le
            sorti dell’Italia  e della pace in Europa. Il Mezzogiorno era in preda al caos.
            Toccava agl’italiani venirne a capo.

               Questo fu uno dei meriti della fase centrale e conclusiva del Risorgimento.
            Per secoli l’Italia era stato teatro di guerre altrui e per secoli era stato detto
            che gli italiani non sapevano battersi. Nel 1848-49, quando Carlo Alberto
            nella pianura padana e i triumviri della Repubblica romana  decisero o furono
            costretti a “fare da sé” erano stati vinti. Dopo l’armistizio di Villafranca, in
            procinto di tornare in Francia senz’aver mantenuto gli accordi di Plombières
            Napoleone III aveva mascherato il senso di colpa con un commento sprezzan-
            te: “Vedremo che cosa adesso sapranno fare gli italiani”. Nel maggio-ottobre
            1860 essi condussero la guerra che portò all’unificazione: una impresa a tutto
            tondo italiana.


               Politici e polemisti hanno asserito che i garibaldini vinsero solo grazie
            all’aiuto  e alla  protezione  inglese  o francese.  I fatti  dicono tutt’altro.  A
            Marsala, Calatafimi, Palermo, Milazzo e a Soveria Mannelli Garibaldi vinse
            con i propri mezzi. La pretesa tutela della Gran Bretagna sull’impresa dei
            Mille e sui suoi sviluppi è una leggenda compiacente: essa servì a Garibaldi
            per accreditarsi come braccio armato di una grande potenza, che era anche il
            campione delle libertà costituzionali  in Europa; servì poi ai borbonici e ai
            loro fautori e sostenitori, anzitutto i clericali, per spiegare la sconfitta: non
            erano stati vinti dall’avversario o dagli errori accumulati nel tempo ma da un
            “complotto”, dall’internazionale liberale, dalla cospirazione massonica uni-
            versale, di cui Garibaldi era manutengolo prezzolato: è una tesi ancor oggi
            ripetuta (per esempio da Francesco Pappalardo); infine fece comodo agl’in-
            glesi, che si videro attribuire il merito del sangue versato dagli italiani per
            unificarsi e lasciarono sotto silenzio i vantaggi tratti dalle commesse d’armi
            fornite ai “rivoluzionari”.
               Tale leggenda fu coltivata naturalmente dagli storici stranieri di opposte
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