Page 247 - Il Risorgimento e l'Europa - Attori e protagonisti dell’Unità d’Italia nel 150° anniversario - Atti 9-10 novembre 2010
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V. EmanuElE II, CamIllo CaVour E manfrEdo fantI. dal Po al Volturno 247
ove fu accolto da Garibaldi. I due salirono insieme in carrozza ferroviaria a
Santa Maria Capua Vetere e alle nove e trenta giunsero a Napoli, con un’ora
di anticipo sul previsto. La delegazione municipale accorse più tardi, la car-
rozza arrivò ancora dopo. Pioveva. Il re salì con Garibaldi, Giorgio Pallavicino
Trivulzio e Antonio Mordini. Andarono in Duomo, resero omaggio alla cap-
pella di San Gennaro. Fra’ Michele Maria Caputo, vescovo di Ariano, celebrò
il te Deum e pregò Pro Pontifice et rege, come era avvenuto in tutte le cat-
tedrali delle città via via liberate (o occupate o annesse) in Lombardia,
Emilia-Romagna e Toscana dal maggio dell’anno precedente.
La folla premeva, l’acqua stingeva le bellurie. Impaziente, il re non sop-
portava la calca. Le difficoltà rimanevano enormi. Sperava nell’immediata
partenza di Francesco II e nella resa di Gaeta.
In meno di due mesi Umbria, Marche e l’intero Mezzogiorno divennero
parte di un regno d’Italia ancora da proclamare. Dal Po al Volturno, come
Garibaldi era andato da Quarto al Volturno, due imprese si completarono a
vicenda. Due Stati crollarono. Nessuno, neppure i più ottimisti, lo avevano
dato per certo quando il 5 maggio Garibaldi era salpato da Quarto di
Genova.
Anche per questa sua rapidità la fase culminante del Risorgimento stupì i
contemporanei, parte entusiasti parte fermi nel bollarla come impresa diabo-
lica. A distanza di un secolo e mezzo essa continua ad affascinare e far scri-
vere che la conclusione del Risorgimento ha del portentoso. La storia corse
rapida, lasciando alle spalle interrogativi immensi.
Su tutti uno dominava: Francesco II si sarebbe arreso o avrebbe capitana-
to la rivolta generale contro l’invasore?
Dopo il Congresso di Parigi del 1856 Camillo Cavour ripeteva “Le canon
seul nous tirera d’affaire”: solo il cannone risolverà la cosa. Così avvenne con
Gaeta e con gli altri residui centri di resistenza contro l’esercito di Vittorio
Emanuele II, re d’Italia per i più, usurpatore per gli altri.