Page 32 - Atti 2012 - L'Italia 1945-1955. La Ricostruzione del Paese e le Forze Armate
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                                               rassicurazioni tanto calorose quanto neces-
                                               sariamente  generiche .  meno ottimista  e
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                                               benevolo era il segretario di Stato Byrnes,
                                               del quale Egidio Ortona, allora consigliere
                                               d’ambasciata  a Washington,  notò  la  «im-
                                               preparazione  e difettosa conoscenza dei
                                               problemi  internazionali,  per  non  parlare
                                               della sua totale ignoranza e quasi della sua
                                               allergia per i problemi italiani» , alle qua-
                                                                           16
                                               li si aggiungeva una notevole suscettibilità
                                               quando gli si facevano rilevare i continui
                                               «cedimenti».  Mentre  nell’autunno  prece-
                                               dente Tarchiani lo aveva visto «pieno di en-
                                               tusiasmo e sicuro della parte preponderan-
                                               te» che gli Stati Uniti avrebbero avuto nel
                                               trattato di pace con l’Italia, ora, a febbraio,
             Harry Truman                      trovò Byrnes «più cauto e scettico». Nelle
                                               sue memorie l’ambasciatore a Washington
             scriverà che egli «teneva più ad andare d’accordo con gli inglesi e ad evitare
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             scontri troppo duri con i russi, anziché contentare» gli italiani . Agli americani,
             scrisse l’Ambasciatore Quaroni, parlando con gli italiani si mostravano «estrema-
             mente bellicosi», «dei leoni», poi al tavolo dei negoziati era «tutt’altra cosa», e
             «molla[va]no tutto», diventavano «pecore», perciò il loro appoggio «non vale[va]
             un fico secco» . Quanto ai francesi, secondo l’ambasciatore Antonio Meli Lupi di
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             Soragna, «chiacchiere e parole cortesi» non sarebbero mancate, ma «fatti [...]».
                Secondo l’ambasciatore Quaroni, l’Unione Sovietica mirava a screditare in
             campo internazionale la Gran Bretagna e soprattutto gli Stati Uniti, dimostrando
             che chi era appoggiato da loro non otteneva «assolutamente niente», mentre «chi
             è appoggiato da Unione Sovietica finisce per ottenere tutto quello che essa con-
             sente accordargli» . Harold Nicolson, veterano delle assise di Versailles nel 1919,
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             presente ora anche a Parigi alla conferenza dei 21 Paesi apertasi il 29 luglio 1946,
             commentò che Molotov e Viscinskij vi fecero ingresso «consci del loro potere»,



             15  Ibi, p. 304.
             16  E. Ortona, Anni d’America. La Ricostruzione: 1944-1951, Bologna, 1984, pp. 152-53.
             17  Tarchiani a De Gasperi, 4-2-46, DDI, vol. III, n. 160, p. 213; A. Tarchiani, Dieci anni fra
                Roma e Washington, Verona 1955, p. 95.
             18  Le espressioni citate in Quaroni a De Gasperi, 14-10-45, DDI, vol. II, p. 850, Quaroni a
                Prunas, 1-12-45, ibi, p. 1025, Quaroni a De Gasperi, 13-12-45, DDI, vol. III, p. 22.
             19  Soragna a Prunas, 12-5-46, ibi, n. 436, p. 511.
             20  Quaroni a De Gasperi, 8-7-46, ibi, n. 675.
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