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188 la neutralità 1914 - 1915. la situazione diplomatica socio-politica economica e militare italiana
dalle azioni dei governi: l’effetto delle politiche economiche si vede nel tasso
medio di crescita, nella trasformazione effettiva e limitata dell’economia, nel pro-
gresso notevole ma pur sempre deludente. Certo gli italiani nel 1913 erano più
numerosi che nel 1861, producevano e consumavano di più ed erano più sani e
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meglio istruiti. In particolare, tra il 1896 e il 1913, come sottolinea Gianni Tonio-
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lo , il Pil per abitante crebbe in media dell’1,6% annuo, la produzione industriale
pro-capite del 3% e il divario di reddito rispetto ai paesi più avanzati cominciò a
ridursi per la prima volta dal diciassettesimo secolo. Inoltre, lo sviluppo accele-
rato e protetto della grande industria venne sempre più a localizzarsi nel triango-
lo Milano-Torino-Genova dove si concentrarono l’industria pesante, quella degli
armamenti, le produzioni ferroviarie e automobilistiche, mentre le poche indu-
strie manifatturiere del Mezzogiorno lentamente chiusero i battenti. L’agricoltura,
contestualmente, soffriva sempre più di un sistema di protezionismo che per il
Mezzogiorno si trasformava in isolamento e si delineava una varietà di realtà lo-
cali in cui gli antichi processi produttivi si consolidavano e avviavano sentieri di
sviluppo basati su piccole e piccolissime imprese come quelle alimentari, tessili
e della lavorazione del legno e dei metalli che, però, non riuscivano a superare i
confini locali.
La guerra esasperò questo modello aumentando il peso della grande industria,
soprattutto meccanica e siderurgica e quello dell’industria chimica ed elettrica; la
creazione di nuovi trust incise sull’integrazione tra industria e banca e tra queste e
lo stato. Tale fenomeno, secondo Einaudi, presentava caratteri di novità; infatti,
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l’entrata in guerra dell’Italia non più a fianco degli imperi centrali ma come alleata
di Francia e Inghilterra, impose alle banche di origine tedesca di rescindere gli
ultimi legami con i gruppi fondatori e di fatto legava questi istituti bancari, ora
privi di punti di riferimento, a un gruppo industriale che da controllato diveniva
definitivamente controllore di se stesso. 20
17 Su questi temi si veda G. Vecchi, In ricchezza e in povertà. Il benessere degli italiani dall’Unità
a oggi, il Mulino, Bologna 2011.
18 G. Toniolo, La crescita economica italiana, 1861-2011, in G. Toniolo (a cura di), l’italia e l’e-
conomia mondiale dall’Unità a oggi, Marsilio, Venezia, 2013, pp. 5-51, in particolare p. 23.
19 P. Bianchi, La rincorsa frenata. L’industria italiana dall’unità nazionale all’unificazione euro-
pea, il Mulino, Bologna, 2002, pp, 31-32. Sul legame industria e banca e sull’analisi del rap-
porto tra attività degli intermediari finanziari e lo sviluppo economico si veda il sempre valido
Rondo Cameron, Le banche e lo sviluppo del sistema industriale, il Mulino Bologna1975, in
particolare il Capitolo 1 (pp. 9-25) e il Capitolo 9 (pp. 383-421) di J. S. Cohen, Italia (1861-
1914); e tra i lavori più recenti, per l’Italia, si veda Mauro Rota, Credit and growth: reconside-
ring Italian industrial policy during the Golden Age, European Review of Economic History, 17,
2013, pp. 431–451.
20 L. Einaudi, La condotta economica e gli effetti sociali della guerra italiana, Fondazione Carne-
gie per la Pace Internazionale, 1933. Sulle alleanze che l’Italia avrebbe scelto e che ebbero delle
ripercussioni finanziarie importanti si veda V. Zamagni, Dalla periferia al centro. La seconda
rinascita economica dell’Italia (1861-1990), il Mulino, Bologna 1993, pp. 271-274.

