Page 211 - Atti 2014 - La neutralità 1914-1915. la situazione diplomatica socio-politica economica e militare italiana
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             avuto il titolo di Comandante Supremo (art. 39).
                Vittorio Emanuele III, con il pieno assenso del governo, volle mantenere alme-
             no nominalmente il comando dell’esercito, delegando però il comando effettivo
             al generale Cadorna.
                Il regio decreto del 23 maggio 1915 precisava, infatti: “Da oggi i Nostri ordini,
             riflettenti le operazioni dell’esercito e dell’annata e dei loro riparti, saranno comu-
             nicati d’ordine Nostro dal Capo di Stato Maggiore dell’Esercito e da quello della
             Marina; i quali li tradurranno in atto nelle parti riflettenti le operazioni terrestri
             e marittime, dando conoscenza ai rispettivi ministri della Guerra e della Marina
             delle disposizioni che possono interessarli. Di tutti i provvedimenti del Governo
             che possono avere influenza sulle operazioni militari sarà data notizia dal Ministro
             competente ai Capi di Stato Maggiore dell’Esercito e della Marina”.
                Pur avendo conservato il comando dell’esercito, con tale decreto il sovrano
             configurò nel generale Cadorna quel Comandante Supremo di cui trattava l’arti-
             colo 39 del Regolamento e ne sancì con grande chiarezza le prerogative che, del
             resto, non furono mai messe in discussione.
                La dura lezione del 1866 era stata compresa ed il principio dell’unità del co-
             mando fu scrupolosamente rispettato. Il re, dopo aver affidato la Luogotenenza
             del Regno allo zio, principe Tommaso, si trasferì nei pressi del fronte Giulio, a
             Torreano di Martignacco, dando inizio ad una quotidiana attività ispettiva, effet-
             tuata sempre con la massima discrezione e che non interferì mai nell’attività di
             comando del generalissimo Cadorna.



             Considerazioni finali
                In conclusione: un ordinamento tattico che non rivela segni di arretratezza e
             di pigrizia professionale e mentale e ritardi di evoluzione rispetto a quello degli
             altri eserciti dell’Europa continentale. Al pari della dottrina tattica esso s’ispirava,
             anzi, al migliore dei modelli del tempo. Le debolezze quantitative e qualitative
             che ne riducevano la rispondenza armonica ed equilibrata ai bisogni della guer-
             ra erano di origine politica ed economica e non coinvolgevano le responsabilità
             proprie dello Stato Maggiore che era al passo, addirittura sotto qualche aspetto
             in anticipo, rispetto ai tempi. Non per nulla proprio al generale Pollio e al suo
             staff si deve l’intuizione strategica dell’eventualità di un ripiegamento dalla linea
             dell’Isonzo a quella del monte Grappa-Piave, un’intuizione professionale sulla
             quale Pollio stesso impostava un’ipotesi di lavoro che, attuata sul piano operativo
             oltre 7 anni dopo, provocherà la limpida vittoria della “battaglia del solstizio” del
             giugno 1918.
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