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214        la neutralità 1914 - 1915. la situazione diplomatica socio-politica economica e militare italiana



             tutta, come la salute. La si dà per scontata, salvo scoprire quanto è importante al
             momento del bisogno. Non è una frase fatta. Basta pensare al grosso contributo
             inferto al calo del Prodotto Interno Lordo italiano, il famigerato PIL di cui sono
             pieni i giornali, in seguito alla crescita esponenziale della pirateria nell’Oceano
             Indiano. Con effetti immediati, e in progressione geometrica, una fetta importan-
             te del traffico mercantile mondiale è stato dirottato, per questo motivo, lungo il
             Capo di Buona Speranza e verso i porti continentali sull’Atlantico. Tutto ciò si è
             tradotto in meno Lavoro, meno Risparmio e in una crisi maggiore che ha risalito
             senza pietà la penisola, da sud a nord, come un’infezione. Una Marina efficiente
             (e senza efficienza una Marina, semplicemente, non esiste) come la nostra ha, da
             allora, contenuto, identificato e combattuto questa minaccia e questa perdita, anzi
             mancato guadagno, come la definisce il Codice Civile. Ma ciò significa ore di
             moto in più, oltre a prolungate missioni e a sacrifici del personale. Agli uomini e
             alle donne della Marina si può chiedere sempre di più, senza risparmio. Ma per i
             materiali, dal combustibile ai pezzi di rispetto fino al logorio, inevitabile, di troppe
             navi ormai troppo anziane e antieconomiche, no. Potrei parlare per ore di quello
             che fa, notte e giorno, con ogni tempo, la Marina per il Paese, ma se questa potreb-
             be essere una delle sedi appropriate, non è però l’occasione.
                Il tema di quest’incontro, tuttavia, ovvero la situazione internazionale nel cor-
             so dei 12 mesi precedenti l’inizio della Grande Guerra e la correlata opera della
             Marina italiana a tutela degli equilibri globali e degli interessi specifici della na-
             zione, permette di apprezzare con particolare efficacia e immediatezza i principi,
             immutabili, appena ricordati.
                Apparentemente non esiste nulla in comune tra i grandi cappelli delle signore
             eleganti del tempo e la moda corrente, per tacere di un’Europa che andava in bici-
             cletta, anziché in automobile o in aereo e, diciamolo pure, della dignitosa miseria
             che caratterizzava le masse di cent’anni fa rispetto agli standard di vita attuali. In
             realtà, allora come oggi, il 90% e oltre del traffico commerciale passava attraverso
             i mari, così come gli interventi militari, sia di carattere umanitario  sia bellico,
             peacekeeping incluso, ovverosia solcando l’acqua salata. Non è una questione di
             presunta modernità, o meno, o di mentalità, ma la naturale applicazione del prin-
             cipio di Archimede. Il trasporto via mare costava, costa e costerà sempre meno di
             quello via terra, per tacere delle inevitabilmente dispendiose linee aeree.
                Date queste premesse, perfettamente note ai governi italiani dell’epoca, la Re-
             gia Marina era costantemente in attività allo scopo di preservare gli equilibri in-
             ternazionali. Soltanto una situazione di pace poteva permettere, infatti, il costante
             progredire della popolazione italiana passata, per esempio, da un tasso di analfa-
             betismo del 78% nel 1861 al 46,2 del 1911 o da una dieta a base di polenta alla
             carne, vista sulle tavole quantomeno una volta alla settimana.
                Non è quindi un caso l’attività svolta, nel 1914, di concerto con il Regio Go-
             verno, dall’allora capitano di corvetta Angelo Levi-Bianchini in Palestina in vista
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