Page 219 - Atti 2014 - La neutralità 1914-1915. la situazione diplomatica socio-politica economica e militare italiana
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dire, sinfonica, seguendo le direttive del governo; il quale deve mantenere, a
sua volta, costantemente gli occhi sulla palla, come dicono gli allenatori, aven-
do cioè sempre presente gli obiettivi di fondo di breve, medio e, soprattutto,
lungo periodo e la correlata politica dei mezzi.
c) Soltanto uno strumento navale equilibrato, ossia well balanced, come dicono
gli inglesi, in quanto dotato di tutte le componenti necessarie (oggi aeronavali,
d’altura, costiere e subacquee purché sempre, beninteso, tecnologicamente ag-
giornate, senza se e senza ma) può permettere di solfeggiare, con mano leggera
e felice, sulla tastiera della scena internazionale intervenendo, se del caso, con
la gradualità in potenza necessaria indispensabile per scongiurare escalation di
sorta e crisi, sempre possibili, prive di soluzione e senza ritorno come quella
europea del luglio 1914.
Si potrebbe obiettare, a questo punto, che nonostante la buona volontà del go-
verno italiano e l’opera efficace della Regia Marina di quel tempo in tante aree
così diverse tra loro, la guerra mondiale scoppiò lo stesso. Mi sia concesso di
formulare, su quest’ultimo punto, una duplice risposta.
Innanzitutto il peso specifico del governo di Roma, come quello di qualsiasi
altro di allora e di oggi, superpotenze incluse, è – inevitabilmente – relativo. È
pertanto impossibile andare al di là dei limiti di una coscienza tranquilla e storica-
mente a posto con se stessa.
Il vecchio slogan “fate l’amore non fate la guerra” è, infatti, fuorviante. Per il
primo bisogna essere in due e d’accordo. Per una crisi o una guerra basta la volon-
tà di una parte sola, magari a danno di chi non può difendersi.
In secondo, e ultimo luogo, propongo la seguente osservazione. Nei documenti
della Marina italiana del 1914, siano essi rapporti di missione, promemoria mini-
steriali o appunti – sintetici e fulminanti – emanati dal capo di Stato Maggiore, da
me esaminati e oggi custoditi nel grande Archivio dell’Ufficio Storico della Ma-
rina Militare (uno dei maggiori del mondo, con 10 milioni di documenti ed 1 mi-
lione di fotografie), la parola Patria non appare praticamente mai. L’uso e l’abuso
di questo vocabolo appartiene a un’epoca successiva e l’inflazione che se ne fece
per vent’anni ne comportò, come insegna l’Economia, il correlato svilimento fino
a creare, addirittura, un malcelato senso d’imbarazzo in sede giornalistica e let-
teraria. Ebbene, proviamo a sostituirla con il termine cultura. Le culture espresse
nelle varie lingue coincidono, spesso, con le nazionalità, quantomeno dalla secon-
da metà del Settecento in poi, ma sono diverse tra loro e rappresentano il frutto di
esperienze, sempre dolorose e imponenti, evolutesi nei secoli. Davanti agli infiniti
problemi dell’umanità, le diverse culture, tutte di pari dignità ovviamente, for-
mulano soluzioni diverse. Basti pensare, per esempio, all’attuale crisi economica
globale e alle ben diverse vie battute, al di qua e al di là dell’Atlantico, per fronteg-
giarla. Non esiste, pertanto, una chiave universale, mentre esiste una cultura ita-

