Page 239 - Atti 2014 - La neutralità 1914-1915. la situazione diplomatica socio-politica economica e militare italiana
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             Forlanini F3 in allestimento e destinato a non entrare mai in azione,  e il cantiere
             di Vigna di Valle, utilizzato per il montaggio e il collaudo delle aeronavi, con due
             hangar in legno uno dei quali ospitava il dirigibile della Regia Marina Città di
             Jesi (V1). Il quadro era completato dai cantieri di Ferrara e Jesi, entrambi della
             marina. Ferrara aveva un hangar in ferro, affacciato sulla piazza d’armi, utilizzato
             dal Città di Ferrara (M2), Jesi era la base dell’aeronave M3, temporaneamente
             ceduta dall’esercito ma in procinto di essergli restituita e riportata a Vigna di Valle
             per indispensabili interventi di manutenzione. A Jesi si sarebbe quindi rischierato
             il Città di Ferrara, lasciando l’aeroscalo emiliano al Città di Jesi.
                Per quanto riguardava le infrastrutture in costruzione, il cantiere fiorentino di
             Campi Bisenzio, con un hangar in ferro per dirigibile tipo M, sarebbe stato pron-
             to per la fine di aprile, mentre più lontano nel tempo era il completamento degli
             hangar di Ciampino e Pontedera, che sarebbero stati disponibili soltanto nel 1916
             come pure il cantiere pugliese di Grottaglie. Intanto, per proiettare verso il fronte
             dell’Isonzo lo schieramento delle aeronavi, un hangar metallico per tipo M, di cui
             si prevedeva la disponibilità in maggio, sarebbe stato montato nei pressi di Ca-
             sarsa, sulla sinistra del Tagliamento. Il settore primario d’impiego doveva infatti
             essere quello della Venezia Giulia, anche a causa delle difficoltà che si sarebbero
             incontrate in Trentino, dove l’orografia avrebbe costretto le aeronavi ad operare
             lungo le direttrici obbligate delle vallate.
                Un dirigibile di tipo P veniva ritenuto in grado di navigare per sette ore a una
             velocità 50-55 km/h e a una quota di 1.000 metri, con un carico di bombe non
             superiore ai 100 chilogrammi. A quote superiori le sette ore di autonomia, che a
             quella velocità corrispondevano a un raggio d’azione di 175 chilometri, si ridu-
             cevano significativamente, secondo una semplice regola che faceva corrispondere
             100 metri di quota ai 40 chilogrammi di benzina e olio necessari per un’ora di
             moto. Nel caso dei dirigibili M veniva calcolata un’autonomia di dieci ore alla
             velocità di 60-65 km/h, con la possibilità di portare 1.000 chilogrammi di bombe
             a una quota di 1.000 metri. Anche in questo caso il raggio d’azione, che in condi-
             zioni meteorologiche favorevoli era di circa 300 chilometri, diminuiva al crescere
             della quota, riducendosi dell’equivalente di un’ora di moto per ogni 100 metri
             guadagnati: i 95 chilogrammi di zavorra necessari erano infatti l’esatto quantitati-
             vo di benzina e di olio consumato in un’ora. Per entrambi i modelli di aeronave il
             vento non poteva superare gli 8-10 m/s, limite oltre il quale non si aveva un mar-
             gine sufficiente per governare e compiere in sicurezza le manovre di atterraggio e
             di ingresso nell’hangar. Come per i velivoli l’armamento offensivo era costituito
             da bombe classificate in funzione del peso e del tipo di bersaglio per cui erano
             ottimizzate, trasportate in navicella grazie a speciali supporti che incorporavano i
             meccanismi di sgancio. Quanto all’armamento difensivo, l’installazione in navi-
             cella di armi a tiro rapido risolveva solo in parte il problema per gli ampi settori
             ciechi creati dall’involucro, da cui l’esigenza di postazioni per mitragliatrici o
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