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354 la neutralità 1914 - 1915. la situazione diplomatica socio-politica economica e militare italiana
Si apriva una nuova fase politica per il Regno d’Italia.
Il governo Depretis iniziò quindi le trattative per la formazione del nuovo ese-
cutivo, il 25 marzo presentò il suo primo governo che annoverava, tra gli altri,
Giovanni Nicotera all’Interno, Pasquale Stanislao Mancini alla Grazia Giustizia
e Culti, Michele Coppino alla Pubblica Istruzione, Luigi Mezzacapo alla Guerra,
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Benedetto Brin alla Marina e Luigi Amedeo Melegari agli Esteri .
Mentre la rivolta in Erzegovina pareva ancora lontana dall’essere sedata altre
regioni dell’Impero s’incendiarono, la Croazia e la Bosnia in particolar modo at-
traversarono momenti di rara tensione a causa di forti insurrezioni popolari. L’Ita-
lia in questo frangente considerava l’accordo delle tre corti del Nord la principale
garanzia per la pace europea e gli interessi italiani. Palese fu il cambiamento che il
nuovo ministro degli Esteri impresse alle relazioni con l’Impero austro-ungarico,
l’ipotesi di annessione della Bosnia da parte della duplice monarchia creò parecchi
malumori all’interno della Consulta, in quanto qualora l’operazione fosse andata
in porto, telegrafava Melegari a Nigra ora ambasciatore a Pietroburgo, l’equilibrio
delle forze nell’Adriatico si sarebbe nettamente spostato, con successivo danno
economico-strategico per l’Italia. Senonché l’Impero russo con grande sorpresa
dell’ambasciatore italiano cambiò politica non considerando più casus belli un’e-
ventuale occupazione austriaca della Bosnia, come più volte ribadito dal principe
Gorčakov. Secondo l’accorto ambasciatore questo mutamento di strategia rispon-
deva agli incontri avvenuti l’8 luglio a Reichstadt tra gli imperatori Francesco
Giuseppe e Alessandro II con i rispettivi cancellieri. L’accordo raggiunto tra i
due Imperi preoccupò Melegari, l’assenso russo a eventuali annessioni territoriali
di Vienna nei Balcani modificando a svantaggio dell’Italia l’equilibrio delle for-
ze sull’Adriatico avrebbe potuto causare un brusco raffreddamento dei rapporti
italo-austriaci. In questo contesto si rese di difficile interpretazione la posizione
dell’Italia, a detrimento di ciò le relazioni italo-austriache rallentarono sensibil-
mente. Fin dall’inizio della crisi l’Italia tramite l’allora ministro Visconti Venosta
sostenne il mantenimento dello status quo in Turchia come condizione imprescin-
dibile per la conservazione della pace in Europa, l’intesa dell’8 luglio 1876 raf-
forzò l’Austria e indebolì l’Italia che sembrava oggettivamente isolata. Qualora il
principio dell’integrità territoriale dell’Impero ottomano fosse stato abbandonato
l’intervento dell’Austria-Ungheria sarebbe stato auspicato da alcuni e accettato da
tutti, per evitare tale accadimento la diplomazia italiana si adoperò per incanalare
la questione verso una soluzione pacifica. Il fallimento della conferenza tenutasi a
Costantinopoli (dicembre 1876) per avanzare una riforma dell’Impero ottomano
rese inevitabile l’intervento armato della Russia contro la Turchia (aprile 1877).
Frattanto al quadro d’instabilità europeo si aggiunse il clima di apprensione
generato dalle elezioni generali in Francia previste per la metà di ottobre del 1877.
9 Vedi G. Giordano, op. cit., pp. 78-93.