Page 392 - Atti 2014 - La neutralità 1914-1915. la situazione diplomatica socio-politica economica e militare italiana
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             deva così limitare l’autorità del governo federale e la tirannia della centralizzazio-
             ne atteggiandosi a difensore degli stati e degli interessi dei cittadini comuni. Ha-
             milton, invece, campione degli interessi del Nord, sosteneva un governo centrale
             forte, e un sistema bancario in grado di sorreggere le sorti economiche del paese.
             Furono da queste contrapposizioni sulla politica estera e sulla forma di governo
             repubblicano che presero forma i due maggiori partiti americani: quello repubbli-
             cano e quello federalista.
                Nel 1789 George Washington richiamò Jefferson da Parigi dove svolgeva la
             funzione di ambasciatore e ministro del commercio (1784-1789). Poco dopo lo
             nominò Segretario di Stato, mostrando di appoggiare la sua visione della politica
             estera e, nello stesso tempo, cercando di mediare il dissidio fra lui e Hamilton, che
             ricopriva allora la carica di Segretario al Tesoro. Rieletto alla presidenza nel 1792,
             allo scoppio della guerra fra la Francia e l’Inghilterra, George Washington dichia-
             rò che gli Stati Uniti avrebbero assunto una posizione di amicizia e imparzialità
             di fronte ai due belligeranti e invitava i cittadini degli Stati Uniti a rispettare la
             decisione. Questa dichiarazione che, di fatto, smentiva gli impegni contratti dagli
             Stati Uniti con la Francia col patto di alleanza del 1778, favorì il riavvicinamento
             all’Inghilterra, sancito nel 1794 con il trattato per la protezione del commercio fra
             i due paesi. Da questo momento in poi, gli Stati Uniti avviarono una politica in-
             ternazionale che mirava a salvaguardare gli immediati interessi della nazione non
             tenendo in grande considerazione gli accordi precedentemente contratti.
                Nel discorso del 17 settembre del 1796 in cui annunciava la decisione di non
             ripresentare la sua terza candidatura alla carica presidenziale, George Washington
             proponeva le linee guida della futura politica estera americana ammonendo i suoi
             interlocutori a non indulgere in simpatie per l’una o l’altra nazione e a contenere
             il dialogo nell’ambito commerciale. Metteva inoltre in evidenza la diversità, i
             limiti e talvolta anche la incomprensibilità della politica europea ed esortava gli
             americani a un sano egoismo morale: «Why forego the advantages of so peculiar
             situation? Why quit our own to stand upon foreign ground? Why, by interweaving
             our destiny with that of any part of Europe, entangle our peace and prosperity in
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             the toils of European ambition, rivalship, interest, humor, or caprice?»  In un cer-
             to senso Washington cercò di giustificare lo spirito della politica estera americana
             sulla base della scarsa affidabilità dell’Europa.
                Fu ancora in nome di questa strategia realistica, anche con tante contrapposi-
             zioni interne, che nel 1803 Thomas Jefferson acquistò il territorio della Louisiana
             francese da Napoleone raddoppiando così l’estensione degli Stati Uniti.
                A partire dal 1820, scrive Henry Kissinger, gli Stati Uniti trovarono «un com-
             promesso che ha consentito loro di viaggiare sul doppio binario fino al secon-


             7   Two centuries of U.S. Foreign Policy, ed. by S. J. Valone, Westport Connecticut- London, Prae-
                 ger 1995, p. 7.
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