Page 393 - Atti 2014 - La neutralità 1914-1915. la situazione diplomatica socio-politica economica e militare italiana
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do dopoguerra: da un lato hanno continuato a deprecare quanto succedeva al di
là degli oceani come inevitabile risultato della politica di equilibrio delle forze,
dall’altro consideravano la propria espansione in tutto il Nord America come «ov-
vio destino». Fino al giro di boa del secolo scorso, la politica estera americana è
stata molto semplice. Adempiere all’ovvio destino del paese e mantenersi libera
da impegni d’oltremare, favorendo i governi democratici, quando possibile, ma
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rifuggendo dall’azione per sostenerli» .
Nel 1823, in seguito al tentativo delle potenze europee d’intervenire militar-
mente nell’America del sud per reprimere la rivolta delle colonie spagnole e por-
toghesi, il presidente James Monroe sostenne che l’Europa non avrebbe dovuto
più accampare pretese non solo sugli Stati Uniti, ma su tutto il continente ameri-
cano, compresa l’America latina. Stringendo rapporti commerciali e diplomatici
con Messico, Colombia, Brasile, Venezuela e Cile, gli Stati Uniti decisero di isti-
tuire un rapporto privilegiato con i paesi liberatisi dalla dominazione coloniale, a
danno dei quali non avrebbero accettato interventi da parte della Santa Alleanza.
Monroe riaffermò anche la posizione americana di non intervento verso l’Europa.
Il messaggio implicito del presidente era che, da quel momento in poi, il suo paese
avrebbe considerato ogni tentativo di estendere il sistema politico continentale
europeo a qualsiasi territorio dell’emisfero occidentale come pericoloso per la
loro pace e sicurezza. Ogni manovra di controllo del destino degli stati americani
sarebbe stata interpretata come esplicita manifestazione di inimicizia contro gli
USA. Fu però il presidente James Polk a sviluppare questi argomenti venti anni
dopo, dando forma e consistenza a quella che divenne la «dottrina Monroe». In
sostanza, Polk intendeva mettere in guardia le nazioni europee dall’intralciare l’e-
spansione americana a Occidente. La Gran Bretagna e la Francia, avevano, infatti,
tentato di dissuadere il Texas da entrare a fare parte dell’Unione e si era anche
prospettata la possibilità che la Spagna potesse cedere la California all’Inghilterra.
«È nostro immutabile principio», sosteneva Polk, «che gli abitanti di questo con-
tinente hanno essi soli il diritto di decidere il proprio destino».
La guerra civile, pure nella sua tragicità, non ebbe un impatto rilevante sulle
relazioni con l’Europa. La Gran Bretagna e la Francia, nutrivano una certa atten-
zione nei confronti del Sud per motivi economico - commerciali evitando, però,
un coinvolgimento diretto. Negli anni ’90 dell’ottocento si registrò una svolta
nella politica estera americana e nelle sue ambizioni globali. Su questo nuovo in-
dirizzo di impegno internazionale sono stati espresse motivazioni e giudizi molto
diversi. Si è, fra l’altro, attribuita la nuova fase alla conclusione dell’espansione
ad ovest fino al Pacifico come sostenuto da Frederick Jackson Turner. Chiusa la
storia della frontiera occidentale, l’America avrebbe dovuto, quindi, guardare ol-
8 E. KissingEr, L’arte della diplomazia, Milano, Sperling & Kupfer, 2004, p. 15.

