Page 48 - Atti 2014 - La neutralità 1914-1915. la situazione diplomatica socio-politica economica e militare italiana
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             anti-sistema se per tale si intendano le scienze e le discipline che informano la
             vita pubblica e sociale (pensiero giuridico, matematica, fisica, chimica, medicina,
             agraria,...). Altrettanto avvenne nei progressi della linguistica e nel ventaglio delle
             discipline umanistiche, contrassegnate da progetti organici innovativi. A fornire
             una percezione di segno opposto furono le riviste letterarie animate da gruppi
             esigui, pressoché privi di interessi per i saperi minimi necessari al governo degli
             Stati (anzitutto l’economia politica, volano indispensabile per qualunque politica
             economica). Lette in circuiti quantitativamente irrilevanti e destinate a rimanere
             ai margini del dibattito politico, pressoché ininfluenti sotto il profilo elettorale e
             della prassi politica, se un fattore esterno (la conflagrazione europea) non avesse
             improvvisamente scompaginato il “sistema” pur tra scosse e scricchiolii  (1864,
             1869, 1895-1899) durato da Cavour a  Giolitti.

                All’indomani delle elezioni dell’ottobre 1913, le prime a suffragio quasi uni-
             versale maschile, Arturo Labriola enunciò trionfalmente alla Camera che non esi-
             steva più un’ “Italia giolittiana”. Lo pensavano e lo dicevano anche i nazionalisti,
             caleidoscopio  di  nuclei  e  correnti  disparate  (imperialisti,  cattolici,  razionalisti,
             frange di futuristi all’italiana: che per pesare di più solitamente parlavano da Pa-
             rigi) tenuti insieme dall’antigiolittismo più che dalla propria coerenza e da una
             visione univoca della politica estera e militare necessaria a definire la posizione
             dell’Italia nella Comunità internazionale.





             Le fortune del triangolo isoscele...
                Il sistema giolittiano scricchiolò durante la guerra contro l’impero turco-otto-
             mano per la sovranità su Tripolitania e Libia iniziata a fine settembre del 1911,
             ma resse e, anzi, ne uscì infine consolidato con la pace dell’ottobre 1912, con il
             varo di riforme incisive (la nascita dell’Istituto Nazionale Assicurazioni  quale
             alternativa agi giganteschi interessi privati concentrati in quel settore non ne è che
             un esempio) e con le già ricordate elezioni generali del 1913.
                  Proprio l’impresa di Libia mise in evidenza la configurazione geometrica del
             sistema statutario: un triangolo isoscele che sui due lati lunghi  aveva il re da una
             parte,  l’esecutivo dall’altra (presidente del Consiglio e governo) e alla base aveva
             il Parlamento  (Camera elettiva e Senato di nomina regia e vitalizio), espressio-
             ne del corpo elettorale radicato nel Paese. Dopo l’emanazione del regio decreto
             sulle materie da trattarsi nel consiglio di ministri (14 novembre 1901: quando
             presidente era Giuseppe Zanardelli, affiancato da Giolitti, ministro dell’Interno)
             fu reso esplicito quanto era di prassi almeno dai governi da Agostino Depretis e da
             Francesco Crispi (1876-1896): il presidente manteneva “l’unità d’indirizzo politi-
             co ed amministrativo di tutti i Ministeri” e curava “l’adempimento degli impegni
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