Page 49 - Atti 2014 - La neutralità 1914-1915. la situazione diplomatica socio-politica economica e militare italiana
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             presi dal governo nel discorso della Corona, nelle sue relazioni col Parlamento e
             nelle manifestazioni fatte al Paese”. Il decretò stabilì, in particolare,  che il mini-
             stro degli Esteri conferiva  col presidente “su tutte le note e comunicazioni” che
             impegnassero “la politica del governo nei suoi rapporti con i governi esteri”, aree
             (come i ministeri della Guerra e della Marina) sulle quali il sovrano esercitava
             i poteri statutari, come capo delle Forze Armate di terra e di mare e riferimento
             supremo del corpo diplomatico (articolo 5 dello Statuto).

                Nel 1911-1912 il triangolo isoscele raggiunse il massimo grado di perfezione
             possibile e di funzionalità. Il “lato corto” tale era non solo per la percentuale di
             elettori (e di votanti) rispetto al numero dei cittadini ma perché il Parlamento di
             radunava solo su indicazione del presidente del Consiglio, non aveva potere di
             autoconvocazione, mentre la Camera poteva essere sciolta dal re in qualsiasi mo-
             mento su richiesta motivata del primo ministro (gli elettori furono chiaati alle urne
             nel 1886,1890,1892,1895,1897 e 1900: solo in età giolittiana si tornò alle cadenze
             statutarie). Quell’equilibrio si sostanziò nella stretta e armonica collaborazione tra
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             Vittorio Emanuele III  , Giolitti, il ministro degli Esteri, Antonino di San Giuliano,
             marchese di Paternò Castello, e il ministro della Guerra, Paolo Spingardi, già co-
             mandante generale dei Carabinieri. Nel corso della guerra contro l’impero turco-
             ottomano la macchina militare italiana ebbe compiti immensi e nuovi sia rispetto
             alla terza guerra per l’’indipendenza (1866) sia rispetto alle precedenti campagne
             coloniali. Fu generosamente aiutata ad assolverli, ma non andò esente da riserve e
             da interferenze da parte del governo, che aveva urgenza della vittoria militare ma
             la  pretendeva quasi al netto di perdite, nel timore che qualche scacco, sia pure di
             modeste dimensioni, suscitasse contraccolpi negativi nell’opinione pubblica o in
             settori del Parlamento usi a manipolarla tramite giornali e comizi.
                L’occupazione  di  Rodi  e  del  Dodecaneso  (aprile-maggio  1912)  fu  salutata
             come successo clamoroso, anche perché fu chiaro che essa ebbe luogo senza il
             benestare preventivo del Regno Unito e della Francia e contro Berlino e Vienna:
             una prova di forza persino più sonora della dichiarazione di guerra e della procla-
             mazione della sovranità italiana sulla “Libia” (4 novembre 1911). Con la guerra
             di Libia per la prima e ultima volta della sua storia l’Italia applicò al meglio la
             formula geniale e sintetica di Emilio Visconti Venosta, “indipendenti sempre, iso-
             lati mai”, giacché riuscì a incunearsi nei contrasti  fra i diversi sistemi di alleanze
             e a trasformarli in forza propria. Nell’insieme quell’impresa bilanciò le astiose
             polemiche di alcuni liberisti (Edoardo Giretti contro i “trivellatori dello Stato”) e


             3   Copiosa documentazione prima inedita in  Giovanni Giolitti, Al Governo, in Parlamento,
                 nel Carteggio, III, il Carteggio, a cura di Aldo A. Mola e Aldo G. Ricci, Foggia, Bastogi,
                 voll. 2, 2009-2010. Vi viene documentato il ruolo protagonistico di Vittorio Emanuele III
                 in tutte le fasi centrali del regno (politica estera, militare, vicende istituzionali...), e special-
                 mente nella programmazione e realizzazione dell’ “impresa di Libia”.
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