Page 53 - Atti 2014 - La neutralità 1914-1915. la situazione diplomatica socio-politica economica e militare italiana
P. 53

I SeSSIone - l’ItalIa dIplomatIca                                    53



             bisogno né della sua presenza né della suo consiglio, a Camere chiuse, intraprese
             una via senza parteciparne né il Parlamento né l’intera compagine governativa.





             Il governo scompaginò il triangolo isoscele.

                Il 5 agosto da Bardonecchia Giolitti deplorò il “modo veramente brutale” con
             il quale l’Austria aveva provocato la conflagrazione, evidenziò la divaricazione
             tra gli scopi di Vienna e gli interessi superiori dell’Italia, la necessità di “coltivare
             i nostri buoni rapporti  con l’Inghilterra” e concluse: “dobbiamo tenerci militar-
             mente pronti”. Il 10 seguente, presiedendo il Consiglio provinciale di Cuneo, ri-
             badì “la solidarietà col Governo, e senza distinzione di partiti (…), in quella che
             creda di seguire per la tutela dei nostri diritti per assicurare all’Italia il posto che
             le spetta nel mondo”.
                   Propugnare la neutralità nel luglio-agosto 1914 voleva dire anzitutto op-
             porsi a quanti (una parte dei nazionalisti, lo stesso conservatore Sidney Sonnino)
             propendevano invece per l’intervento immediato a fianco degli Imperi Centrali o
             per un’azione “parallela” dell’Italia nell’Adriatico contro Francia e Regno Unito.
             Ammiratori dell’imperialismo in politica estera e dell’autoritarismo nell’interna,
             molti nazionalisti (Alfredo Rocco, Forges Davanzati,...) si schierarono a fianco
             della Germania di Guglielmo II. Aggiunsero che bisognava cancellare la Fran-
             cia (radicale, massonica, corrotta e fonte di corruzione) e liberare il Mediterra-
             neo dall’ingombrante presenza della Gran Bretagna, ostacolo alle legittime mire
             dell’Italia.
                Poche settimane dopo, capovolsero le prospettive pratiche ma non il fine ulti-
             mo: l’Italia doveva scendere in armi, non però a fianco degli Imperi Centrali ma
             contro l’impero austro-ungarico ormai palesemente impari al suo ruolo pluriseco-
             lare. Nel quadro della guerra europea l’Italia doveva fare la propria: per coronare
             il Risorgimento e fermare l’avanzata degli slavi verso l’Adriatico. Per i naziona-
             listi la guerra contro la monarchia asburgica non era quindi a favore della Russia,
             della Serbia e meno ancora per la nascita di un nuovo Stato sulla costa orientale
             dell’Adriatico. Sia pure con differenze di ambizioni territoriali e di concezione dei
             rapporti futuri tra i popoli, i loro obiettivi coincisero con quelli di altri interventi-
             sti: radicali, repubblicani e socialriformisti.

                Nei mesi seguenti Giolitti ripeté la propria valutazione della crisi europea e
             la posizione migliore per l’Italia: la neutralità “vigile e armata” sino a quando
             “fatti nuovi” non imponessero l’intervento “come vera necessità per la difesa dei
             nostri interessi vitali”(28 agosto). La linea sua e quella del governo coincisero
             su due capisaldi: la neutralità e la richiesta di applicazione dell’articolo VII del
             Trattato d Berlino, che prevedeva “compensi” all’Italia in caso di espansione della
   48   49   50   51   52   53   54   55   56   57   58