Page 51 - Atti 2014 - La neutralità 1914-1915. la situazione diplomatica socio-politica economica e militare italiana
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...tra eclissi e crollo
Dopo mesi di tensioni, i radicali, che erano nell’esecutivo con ministri di peso,
quali Luigi Credaro alla Pubblica istruzione ed Ettore Sacchi ai Lavori pubblici,
uscirono dalla maggioranza, scoprendone il fianco sinistro. Giolitti, che per anni
aveva tentato invano di persuadere di socialriformisti ad assumere responsabilità
di governo, rassegnò le dimissioni. Oltre che da motivi politici generali (dal ritor-
no alla presidenza, nel 1903, nel 1906 e nel 1911 lo statista aveva via via allargato
verso sinistra le base della sua maggioranza e non poteva quindi rimanere a capo
di una coalizione sbilanciata verso destra) la decisione fu determinata anche da
ragioni personali: la necessità di curare più radicalmente le sempre più pesanti
conseguenze dell’uricemia che lo affliggeva da anni. Vittorio Emanuele III inca-
ricò Antonio Salandra, che si rivolse a Giolitti per ottenere la permanenza agli
Esteri del marchese Antonino di San Giuliano, a sua volta molto sofferente di
gotta e alle vie renali.
Il nuovo esecutivo non ebbe un profilo radicalmente diverso dal precedente. Il
presidente del Consiglio era il punto di riferimento della Destra meridionale, ma
nel governo contò un solo ministro di sua assoluta fiducia personale, Vincenzo
Riccio a Poste e Telegrafi. Altri erano conservatori, ma espressione di percorsi dif-
ferenti, come il massone Ferdinando Martini, ministro delle Colonie, ed Edoardo
Dàneo, ministro della Pubblica istruzione, radiato dal Grande Oriente d’Italia nel
1907 con i senatori Tommaso Villa e Angelo Rossi perché promotori di un bloc-
co moderato a Torino contro l’avanzata radical-socialista nelle elezioni ammini-
strative. Gli altri erano di area giolittiana: Luigi Dari alla Giustizia (con Pietro
Chimienti sottosegretario), Luigi Rava alle Finanze, il senatore torinese Giannetto
Cavasola all’Agricoltura.
Il mutamento più incisivo riguardò la Guerra, ove, dopo lunghe trattative e la
rinuncia di altri, fu nominato Domenico Grandi, che accettò il programma minimo
richiesto dal Capo di Stato Maggiore dell’esercito, Alberto Pollio, per adegua-
re le Forze Armate agl’impegni incalzanti, tanto più nell’imminenza della nuova
convenzione militare conseguente il rinnovo anticipato del Trattato di Berlino in
vigore dal 1882
Libero da impegni di governo, anche per ostentare distanza dai dibattiti parla-
mentari, per lui sempre più fastidiosi, e confutare l’impressione che volesse con-
dizionare il nuovo ministero, Giolitti andò quasi due mesi all’estero. Non aveva
più lasciato l’Italia da quando nel 1895 era corso a Charlottenburg (Berlino) in
visita alla figlia Enrichetta e al genero, Mario Chiaraviglio, anche per sottrarsi al
temuto arresto nei giorni più roventi dello scandalo della Banca Romana. Si recò
anzitutto a Parigi. Degli spostamenti informò minuziosamente la moglie, Rosa
Sobrero (“Gina”, “Ginotta”) e i figli, in specie Enrichetta e il marito, radicale,
alto dignitario del Rito Simbolico Italiano, eletto deputato nel collegio di Città