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56         la neutralità 1914 - 1915. la situazione diplomatica socio-politica economica e militare italiana



             diano madrileno “ABC”, di orientamento cattolico conservatore e filogermanico,
             ventilò che il pontefice avrebbe potuto profittare del conflitto europeo”per solleva-
             re la questione romana e ottenere la garanzia internazionale ad una qualche forma
             di potere temporale”. Il 14  novembre Sonnino comunicò a tutti gli ambasciatori
             che “il R. Governo sarà assolutamente intransigente nell’opporsi a qualsiasi con-
             cessione di tal genere, che significherebbe una internazionalizzazione della que-
             stione romana, la quale viceversa pe rnoi non esiste e non può esistere”. Malgrado
             il tentativo del ministro di esorcizzare la minaccia, essa venne ripresa dal “Corrie-
             re della Sera” e tornò nelle conversazioni degli ambasciatori d’Italia a Londra e a
             Berlino  con i rispettivi interlocutori, incluso lord Grey.





             Verso l’ “accordo” di Londra: con riserve mentali e ambiguità
                L’11 dicembre il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, Luigi Cadorna, inviò
             a Sonnino  tre appunti sulle auspicate modifiche del confine italo-austriaco: per
             quanto si sa, rimase senza risposta. Salandra dette la priorità alla convocazione
             della  Camera, aperta per l’approvazione dei bilanci. La seduta del  5 dicembre
             fu dominata dalla rivelazione di Giolitti sulla dissuasione esercitata dall’Italia su
             Vienna in un precedente progetto di aggressione alla Serbia.
                Respinto l’addebito di “neutralità assoluta”, precisò: “Per sentimento ognuno
             può gettare la propria vita, non quella del Paese. Ma quando è necessaria, non
             esiterei ad affrontare la guerra e l’ho provato”; ed enunciò la linea dei mesi futuri:
             “Credo molto, nelle attuali condizioni d’Europa, potersi ottenere senza guerra, ma
             per dir ciò chi non è al governo non ha elementi per un giudizio completo”.

                Capo riconosciuto della maggioranza  costituzionale formata con  le elezioni
             del 26 ottobre 1913, Giolitti non fu dunque né un pacifista (cioè pregiudizialmente
             contrario alla guerra), né un neutralista assoluto, né il fautore di supina alleanza
             con gli Imperi Centrali, né, infine, un avversario del segreto diplomatico di cui il
             governo si valeva per esplorare i pro e i contro di ogni passo dell’Italia nel grovi-
             glio di alleanze e controalleanze nell’intricato percorso approdato alle dichiara-
             zioni di guerra.
                Il neutralismo propugnato da Giolitti non ha dunque nulla da spartire con quello
                dei democratici “umanitari” (esigua minoranza); dei socialisti, poi espresso
             nella nota formula di Costantino Lazzari: “Né aderire,  né sabotare”; dei cattolici,
             sia allineati con la condanna della guerra in sé, ripetutamente  pronunciata da papa
             Pio X e dal suo successore, Benedetto XV, sia  inclini a proporre la “questione
             romana” nel futuro Congresso di pace.
                Percepito che il secondo governo Salandra utilizzava il segreto diplomatico per
             far vincolare l’Italia a impegni tanto rischiosi quanto ignoti al Parlamento, il 30
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