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52 la neutralità 1914 - 1915. la situazione diplomatica socio-politica economica e militare italiana
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Sant’Angelo .
Dopo un breve ritorno a Cavour, a luglio Giolitti andò a Vichy (“paradiso
dei medici” osservò in una lettera a Rosa). Pioveva. L’ambiente era deprimente.
Avrebbe voluto visitare le regioni renane, ma vi diluviava. Perciò decise di recarsi
a Londra (non vi era mai stato) per vedere come funzionasse una città di sette mi-
lioni di abitanti. Il mortale attentato di Sarajevo non lo allarmò affatto. La Corona
asburgica non mancava di eredi. Era fiducioso nel “buon senso” dei governi e dei
rispettivi apparati diplomatici. L’Europa non aveva nulla da guadagnare da una
guerra generale.
Però, non appena vi mise piede, venne sorpreso dalla raffica di ultimatum, mo-
bilitazioni e dichiarazioni di guerra, a cominciare da quella di Vienna contro la
Serbia. Tornò immediatamente a Parigi. L’ambasciatore Tittoni era in vacanza.
Costeggiava, irraggiungibile, i fiordi della Norvegia. Tramite il principe Mario
Ruspoli di Poggio Suasa, consigliere di ambasciata e incaricato di affari, il 1°ago-
sto, Giolitti fece sapere a Roma (sia a Salandra, sia a di San Giuliano) che l’Italia
non era tenuta a intervenire a fianco degli Imperi centrali. Il Trattato di Berlino
prevedeva il soccorso agli alleati se aggrediti e prescriveva la consultazione pre-
ventiva in vista di conflitti: due clausole ignorate da Vienna e da Berlino. Lo
statista si dichiarò a disposizione del presidente. Salandra, che però ne temeva
la presenza a Roma, mirava a oscurarlo definitivamente dalla scena politica ed
era convinto che la conflagrazione europea lo avrebbe fatto entrare nella “grande
storia”, si limitò a ringraziarlo: una risposta di mera cortesia. Giolitti ribadì le sue
convinzioni nello nello scambio di lettere con il ministro degli Esteri Antonino di
San Giuliano, compiacendosi della concordanza di vedute. Appena rientrato in
Italia, al presidente del Consiglio Salandra il 6 agosto da Bardonecchia aggiunse:
“ (…) Sono, però, a piena disposizione tua. Tu non puoi muoverti da Roma, e
quindi verrò io a Roma ogni qual volta tu possa desiderarlo. Disponi dunque di me
per qualsiasi cosa tu creda che io possa fare”. Ma Salandra, che non sentiva alcun
4 Mario Chiaraviglio, ingegnere, fu eletto deputato nel collegio di Città Sant’Angelo per
una parte della XXIII legislatura (1911-1913) e per la XXIV (1913-1919). Candidato nel
1919 non fu rieletto. Dopo l’indurimento del regime si trasferì in Argentina con la moglie,
Enrichetta, e i figli, tra i quali Curio scrisse un’ importante “memoria” densa di aneddoti.
Alle elezioni del 1909 il collegio ebbe vita travagliata. Il 7 marzo i due candidati, Eugenio
Maury e Giuseppe De Riseis ebbero 1450 e 1449 voti. Maury, fu proclamato vincitore ma
il verdetto venne annullato e fu indetto ballottaggio (30 maggio 1909). Maury ottenne 1465
voti contro i 1444 dell’avversario. Alle dimissioni di Maury gli elettori furono riconvocati
(8 gennaio 1911). Al primo turno Marino Delfico ebbe 1337 preferenze contro le 1084 di
Mario Chiaraviglio, sul quale però, nel ballottaggio, si riversarono molti voti andati in pri-
ma battuta a Rosolino Colella. Eletto con 1751 suffragi contro i 1445 di Delfico, il genero
di Giolitti fu rieletto senza competitori il 26 ottobre 1913 con 7152 preferenze su 15306
aventi diritto al voto.