Page 59 - Atti 2014 - La neutralità 1914-1915. la situazione diplomatica socio-politica economica e militare italiana
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to), era implicito che l’intervento avrebbe comportato ingenti spese.
Ma le Camere non vennero chiamate a discutere il “patto”, ignoto persino
alla generalità dei ministri e poi passato dall’uno all’altro presidente del Consiglio
(da Salandra a Paolo Boselli e a Orlando) sotto vincolo di segreto, sino a quando
venne pubblicato dai bolscevichi. Nel frattempo avvenne il vulnus del sistema:
la “piazza” prese il sopravvento. Come ricorda anche Ferdinando Martini nel
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suo Diario, fu ordito un attentato per eliminare Giolitti . Una massa urlante, so-
spinta dalle farneticazioni di Gabriele d’Annunzio, tentò di assalirne l’abitazione
in Roma. La questura lasciò filtrare i più esagitati, poi fermati dai carabinieri. Il
questore informò Giolitti (che non era un nemico del regime ma il più autorevole
esponente della maggioranza costituzionale) di non poterne più garantire l’incolu-
mità. Lo Statista lasciò Roma per Cavour.
Noi italiani – già aveva osservato con amarezza in una lettera al senatore
Tommaso Senise il 5 aprile - ricominciamo la grama vita dei secoli passati, par-
teggiando per paesi stranieri anziché pensare unicamente al nostro paese”. In pri-
vato definì l’accaduto un “colpo di governo”, mentre il senatore Antonio Cefaly
lo bollò “colpo di Stato”.
Nondimeno dal seggio di presidente del Consiglio provinciale di Cuneo il 5 lu-
glio ribadì: “Quando il Re chiama il Paese alle armi, la Provincia di Cuneo, senza
distinzioni di parti e senza riserve, è unanime nella devozione al Re, nell’appog-
gio incondizionato al governo, nell’illimitata fiducia nell’esercito e nell’armata”.
Conscio che l’ “impresa” avrebbe richiesto gravi sacrifici esortò a “la concordia,
la perseveranza, la calma dei forti che nessuna difficoltà abbatte né scoraggisce”
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Dipingere Giolitti come neutralista o addirittura germanofilo e persino tradito-
re, come fecero molti polemisti di quei giorni, riecheggiati in libri tendenziosi dei
decenni seguenti, risulta dunque del tutto infondato.
Negli enunciati del 1914-1915 vi è già il nucleo di quanto poi da Giolitti detto
8 Ferdinando Martini il 26 maggio annotò nel Diario: “Ieri Barzilai mi disse cosa gravissima.
Veramente in società segrete s’era deliberata e giurata la morte di Giolitti. Egli, saputolo,
accorse: a dimostrare (poiché altri argomenti umani non sarebbero neppure stati ascoltati)
che l’uccisione di Giolitti avrebbe prodotto effetti del tutto opposti a quelli che se ne spe-
ravano. Gli fu risposto “Oramai!... Tutto dunque era pronto e si stava per eseguire. Erano
le quattro: cui fu tempo a provvedere, e Giolitti partì due ore dopo” (Ferdinando Martini,
Diario, 1914.1918, a cura di Gabriele De Rosa, Milano, Mondadori,1966, p.433). Altri
documenti sui progetti “settari” di attentati alla vita di Giolitti anche in Archivi privati. Il
clima di odio nei confronti dello Statista venne alimentato non solo in congreghe ma anche
da quotidiani, come il “Corriere della Sera”, diretto da Luigi Albertini.
9 Giovanni Giolitti, Discorsi extraparlamentari,a cura di Nino Valeri, Torino, Einaudi, 1952,;
poi in Aldo A. Mola, Storia dell’Amministrazione Provinciale di Cuneo dall’Unità al fasci-
smo, 1859-1926, Torino, Aeda, 1971.