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64 la neutralità 1914 - 1915. la situazione diplomatica socio-politica economica e militare italiana
Racconigi (24 ottobre 1909) non portano alla fine delle oscillazioni della politica
estera italiana. Essi, tuttavia, pongono per la prima volta in modo chiaro le am-
bizioni del Paese in una prospettiva esplicitamente antagonista rispetto a Vienna,
come i fatti dell’agosto 1914-aprile 1915 avrebbero dimostrato.
Al di là degli equilibrismi lessicali, volti ad assicurare la compatibilità formale
con il disposto della Triplice (ad es., la definizione di «azione comune» in senso
esclusivamente diplomatico, «ogni azione di indole diversa dovendo restare riser-
vata»), gli accordi segreti conclusi fra il Ministro degli Esteri Tommaso Tittoni e
il suo omologo russo, conte Izvol’skij rappresentano, infatti, un drastico allonta-
namento della strategia dei compensi sino allora perseguita dall’Italia nei Balcani
(ad es., con il disposto dell’art. I del trattato con l’Austria-Ungheria del 20 feb-
braio 1887, o dell’art. I del trattato con la Germania della stessa data), e un netto
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avvicinamento alle posizioni nazionaliste sostenute da San Pietroburgo . In questa
prospettiva, l’impegno delle parti contraenti alla difesa dello statu quo regionale
espresso nel punto 1 degli accordi risulta indebolito da un lato dalla specifica (allo
stesso punto) che tale impegno risulta vincolante solo «in primo luogo», dall’altro
dal disposto dei punti successivi, per cui «per ogni eventualità che potesse nascere
nei Balcani, esse [Parti contraenti] devono appoggiare l’applicazione del principio
di nazionalità, mediante lo sviluppo degli Stati Balcanici ad esclusione di qual-
siasi dominio straniero» (punto 2), e secondo cui «esse [Parti contraenti] devono
opporsi, con azione comune, ad ogni agitazione contraria ai fini [difesa dello statu
quo regionale e applicazione del principio di nazionalità in favore degli Stati bal-
canici in caso di sua alterazione] sopra citati» (punto 3).
Il punto 4 degli accordi configura, infine, una sostanziale unitarietà d’azione fra
le Parti, stabilendo che «se la Russia e l’Italia dovessero concludere per l’Oriente
europeo nuovi accordi con una terza potenza, oltre a quelli attualmente esistenti,
ognuna di esse non potrà farlo senza la partecipazione dell’altra». Questa clausola
sarebbe stata presto disattesa e già nel dicembre 1909 il governo di Roma avrebbe
negoziato una convenzione con Vienna riguardo agli assetti futuri del Sangiac-
cato. Le sue implicazioni, tuttavia, come quelli delle clausole che la precedono,
sono più ampie. Il disposto dei quattro punti sopra citati, oltre a fondare su nuove
basi i termini delle relazioni italo-russe, configura, infatti, un depotenziamento
della collaborazione con l’Austria-Ungheria in seno all’alleanza di riferimento.
Ove concretamente applicata, l’adesione del Regno al principio di non ingerenza
delineato a Racconigi avrebbe potuto limitare in modo consistente gli spazi di
manovra di Vienna nei Balcani. D’altra parte, sia a Roma sia a San Pietroburgo,
sembrano essere esistite parecchie riserve nello spingere a fondo le conseguenze
degli impegni assunti. Se Racconigi finisce per apparire, ai contemporanei, l’en-
6 Barié-de Leonardis- de’ Robertis- Rossi, Storia…, cit., p. 106. Sulle dimensioni diplomatiche
degli accordi di Racconigi cfr. G. Donnini, L’accordo italo-russo di Racconigi, Milano, 1983.

