Page 40 - Le donne nel primo conflitto mondiale - Dalle linee avanzate al fronte interno: La grande guerra delle italiane - Atti 25-26 novembre 2015
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LE DONNE NEL PRIMO CONFLITTO MONDIALE                                       40


          rimandato ancora una volta nell’immediato dopoguerra, verrà non a caso dopo un’al-
          tra guerra, la seconda che, come la precedente, lasciava spazio a un ordine nuovo.
             Soprattutto tre sono gli elementi fondanti per capire quella parte di mondo fem-
          minile, non esigua, che si mobilitò in modo consapevole nella prima guerra mondiale:
          il diritto di cittadinanza, il patriottismo, la nozione di “guerra giusta”. Tutti e tre sono
          in vario modo tra loro collegati, ma soprattutto il primo era costitutivo del movi-
          mento femminil-femminista tra Ottocento e Novecento. Nell’ideale equilibrio che
          avrebbe dovuto regnare fra diritti e doveri per un armonico concetto di cittadinanza,
          le donne si trovavano in un evidente squilibrio. Sovraccariche di doveri imposti dalla
          mistica della maternità, erano peraltro espropriate all’interno della famiglia di ogni
          diritto reale sulla prole sulla quale “vegliava”, in bene o in male, il capofamiglia in base
          al principio della patria potestà. La moglie era suddita al pari dei figli, senza possibilità
          di modifica del proprio stato in assenza del diritto di scioglimento del matrimonio.
          Al di fuori della famiglia, nella quale le donne possedevano come si diceva allora, le
          chiavi del cuore e della dispensa, non avevano personalità giuridica tale da consentire
          loro di svolgere funzioni di curatore pro aliis. Economicamente, tranne le eccezioni
          rappresentate dalle donne ricche che potevano amministrare in alcune regioni i loro
          beni dietro precedente consenso del marito, o godere dei beni dotali, alla gran parte
          delle donne non era consentito avere conti in banca autonomi, fare operazioni finan-
          ziarie, vendere o affittare immobili, con qualche eccezione per quelle che esercitavano
          la mercatura, contrarre mutui e fare ipoteche. Né infine era concesso il diritto di voto
          passivo e attivo, cioè essere elette ed eleggere, sia nelle elezioni amministrative che
          politiche, divieto in verità non esplicitato dal codice civile, ma non per questo meno
          coattivo nella pratica come si vide quando le richieste dell’associazionismo femminile
          suffragista si tradussero in iniziative concrete e di largo respiro, senza soluzione di
          continuità. Infine, nella complicata trama dei diritti civili e politici che le donne riven-
          dicavano rientrava anche quel diritto all’istruzione che rappresentava un po’ il sostrato
          generale del rivendicazionismo, sia per i ceti operai femminili, ancora alle prese con
          l’analfabetismo che limitava considerevolmente l’approccio alla politica, sia per i ceti
          medi e piccolo-borghesi.
             Nell’acquisizione-rivendicazione di un diritto di cittadinanza da parte delle don-
          ne, ruolo notevole avevano avuto la crescente manodopera femminile impiegata nel
          processo d’industrializzazione e in genere il tema dell’occupazione extradomestica
          delle donne. Fuori della gratuità del lavoro domestico, le lavoratrici maturavano
          la consapevolezza di dare un contributo economico alla nazione, accresciuta dalla








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