Page 476 - Il 1916 Evoluzione geopolitica, tattica e tecnica di un conflitto sempre più esteso - Atti 6-7 dicembre 2016
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476           il 1916. EvoluzionE gEopolitica, tattica E tEcnica di un conflitto sEmprE più EstEso


             prussiana sparò in media 199 colpi per bocca da fuoco, ma nel 1914 la dotazione
             di 1.000 colpi per bocca da fuoco si esaurì in non più di sei settimane, lasciando
             prevedere la crisi del munizionamento che avrebbe condizionato in maggiore o
             minor misura tutti i belligeranti nel corso del 1915. Questo è però soltanto l’aspetto
             più evidente di un fenomeno più ampio che investe la struttura stessa degli eserciti:
             se, sempre nella guerra franco-prussiana, i nove decimi dei rifornimenti necessari
             alle truppe erano rappresentati da viveri e foraggio, in massima parte reperibili
             sul posto, nel 1916 due terzi di quanto necessario ad una divisione britannica
             per vivere ed operare era costituito dalle munizioni, soprattutto per l’artiglieria,
             dai materiali del genio, indispensabili per organizzare il campo di battaglia, e da
             equipaggiamenti di ogni genere. La dipendenza dall’organizzazione logistica, e di
             conseguenza dalle retrovie, diventa molto più forte che in passato, anche perché
             se è possibile spingere un fante o un cavallo a percorrere ancora un chilometro
             spingendo al limite la loro resistenza, un veicolo a motore privo di benzina, ma
             anche un fucile od un cannone privi di munizioni, diventano del tutto inutili.
             Quanto serve per vivere ed operare non può più essere reperito sul territorio, la
             guerra non può più alimentare sé stessa ma tutto deve affluire dalle retrovie, il che
             esalta l’importanza del processo della mobilitazione industriale, un processo che
             nel 1916 comincia a dare i suoi frutti anche in Italia, investendo e condizionando
             tutti gli aspetti del fenomeno bellico, ivi inclusa l’assoluta novità rappresentata dal
             mezzo aereo. Alla fine del 1916 i dati della produzione di un’industria aeronautica
             in rapida espansione indicano in 1.255 il totale delle macchine consegnate. Il fatto
             che 462 di questi velivoli fossero Farman lascia intendere come vi fosse ancora
             molta strada da fare per ammodernare la flotta, ma al tempo stesso i 204 Nieuport
             e i 139 trimotori Caproni sono una conferma dello sviluppo delle componenti da
             caccia e da bombardamento.
                Negli  stessi  dodici  mesi  l’Austria-Ungheria  fu  in  grado  di  produrre  non
             più di 821 velivoli, nella quasi totalità biposto utilizzati per la ricognizione ed
             il  bombardamento,  anche  questo  un  dato  significativo  che  sottolinea  il  netto
             delinearsi della superiorità italiana. A ribadire una tale conclusione è il diverso
             livello  di  sostegno  assicurato  dai  rispettivi  alleati:  mentre  l’aviazione  austro-
             ungarica  vedeva  ridursi  le  forniture  tedesche,  passate  dai  186  velivoli  del
              1915 ai 95 del 1916, l’aviazione italiana poteva contare su un apporto ben più
             consistente, se non dal punto di vista dei velivoli e dei motori, certo dal punto
             di vista delle materie prime e dei componenti, senza dimenticare l’importanza
             dello  scambio  di  tecnologia  reso  evidente  dalle  produzioni  su  licenza. Anche
             l’aviazione della Duplice Monarchia poteva avvalersi degli stretti rapporti che
             legavano l’industria austro-ungarica a quella tedesca, ma questi rapporti erano
              in qualche modo condizionati dal vero e proprio “cartello” costituito dal gruppo
             Castiglioni. Questa situazione, se da un lato permise di schierare un ottimo biposto
             da ricognizione come il Brandenburg C.1, dall’altro incise in modo negativo sullo
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