Page 479 - Il 1916 Evoluzione geopolitica, tattica e tecnica di un conflitto sempre più esteso - Atti 6-7 dicembre 2016
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             di  trincea.  Al  fine  di  rendere  pienamente  efficace  questo  dispositivo  è  però
             necessario garantire libertà d’azione ai propri biposto da ricognizione e sbarrare
             il  passo  a  quelli  avversari,  ovvero  occorre  conquistare  almeno  localmente
             la superiorità aerea, un’idea che nasce e si afferma nei cieli di Verdun, dando
             ulteriore concretezza alla dimensione aeronautica del confronto.
                L’assicurarsi il controllo del cielo della battaglia diventa da quel momento una
             condizione essenziale, come il 23 novembre dichiarò esplicitamente il generale
             Ferdinand  Foch:  “La supériorité en aviation permet seule la supériorité en
             artillerie, indispensabile pour avoir la supériorité dans la bataille actuelle”. Per
             conquistarla non era più tempo di imprese individuali ed è singolare che, proprio
             mentre,  per  esigenze  di  propaganda,  si  impone  nell’immaginario  popolare  la
             figura dell’asso, il combattimento aereo diventi un fatto collettivo, di squadra,
             condotto sulla base di precisi principi tattici che poco spazio lasciano alla visione
             romantica e cavalleresca del duello aereo.
                Nel campo della guerra navale l’innovazione più significativa è rappresentata
             dal  sommergibile,  anche  se  nel  1916,  dopo  quanto  avvenuto  nel  1915  ed  in
             attesa degli sviluppi del 1917, non si può parlare di guerra sottomarina illimitata.
             L’Adriatico vede poi affermarsi una strategia navale diversa da quella finalizzata
             alla ricerca dello scontro risolutivo tra grandi flotte. Sotto la guida dell’ammiraglio
             Paolo Thaon di Revel la Regia Marina abbandona nel corso dell’anno l’approccio
             più propriamente “navalista” per adottarne un altro che vede il combinarsi di
             una strategia della vigilanza con la strategia della battaglia in porto, destinata
             a trovare la sua massima espressione nel 1917 con l’azione delle siluranti e le
             incursioni dei bombardieri Caproni sulla piazzaforte di Pola.
                Nel tornare sui campi di battaglia dell’Isonzo e degli altipiani, non si può
             non rilevare come, al di là dei problemi di comando e controllo a livello tattico,
             comuni a tutti i belligeranti, e della mancanza di una soluzione al problema della
             rottura dei fronti fortificati, anche questo un fenomeno generalizzato che ha come
             conseguenza l’accettazione di una strategia di logoramento, il Regio Esercito sia
             oggetto di un’evoluzione che ne investe struttura e procedimenti tattici facendone
             non  solo  una  struttura  in  costante  espansione  ma  anche,  se  non  soprattutto,
             una  “learning  organization”,  un’organizzazione  che  si  trasforma  apprendendo
             dall’esperienza, secondo un percorso comune a tutti gli eserciti in campo e che
             oggi fa parte del modo di operare delle forze armate. Oltre alla costituzione di
             16 nuove brigate di fanteria, che si andavano ad aggiungere alle 48 dell’esercito
             permanente ed alle 25 create con la mobilitazione, attuata nonostante i problemi
             di inquadramento derivanti dalla carenza di ufficiali, si ebbero un alleggerimento
             degli  organici  della  compagnia,  che  scesero  da  250  a  225  uomini,  con  la
             riduzione del numero di fucili compensata da un incremento nella dotazione di
             armi automatiche, portando a non meno di tre le sezioni su due armi inquadrate
             nei  reggimenti,  assegnando  reparti  autonomi  di  mitragliatrici  su  sei  armi  alle
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